La vita è esperienza, cioè improvvisazione, utilizzazione delle occasioni; la vita è tentativo in tutti i sensi. Donde il fatto, a un tempo imponente e assai spesso misconosciuto, delle mostruosità che la vita ammette
Georges Canguilhem



lunedì 30 novembre 2009

La lettera



Figlio mio, stai per finire la tua Università; sei stato bravo. Non ho rimproveri da farti. Finisci in tempo e bene: molto più di quello che tua madre e io ci aspettassimo. È per questo che ti parlo con amarezza, pensando a quello che ora ti aspetta. Questo Paese, il tuo Paese, non è più un posto in cui sia possibile stare con orgoglio. Puoi solo immaginare la sofferenza con cui ti dico queste cose e la preoccupazione per un futuro che finirà con lo spezzare le dolci consuetudini del nostro vivere uniti, come è avvenuto per tutti questi lunghi anni. Ma non posso, onestamente, nascondere quello che ho lungamente meditato. Ti conosco abbastanza per sapere quanto sia forte il tuo senso di giustizia, la voglia di arrivare ai risultati, il sentimento degli amici da tenere insieme, buoni e meno buoni che siano. E, ancora, l'idea che lo studio duro sia la sola strada per renderti credibile e affidabile nel lavoro che incontrerai. Ecco, guardati attorno. Quello che puoi vedere è che tutto questo ha sempre meno valore in una Società divisa, rissosa, fortemente individualista, pronta a svendere i minimi valori di solidarietà e di onestà, in cambio di un riconoscimento degli interessi personali, di prebende discutibili; di carriere feroci fatte su meriti inesistenti. A meno che non sia un merito l'affiliazione, politica, di clan, familistica: poco fa la differenza. Questo è un Paese in cui, se ti va bene, comincerai guadagnando un decimo di un portaborse qualunque; un centesimo di una velina o di un tronista; forse poco più di un millesimo di un grande manager che ha all'attivo disavventure e fallimenti che non pagherà mai. E' anche un Paese in cui, per viaggiare, devi augurarti che l'Alitalia non si metta in testa di fare l'azienda seria chiedendo ai suoi dipendenti il rispetto dell'orario, perché allora ti potrebbe capitare di vederti annullare ogni volo per giorni interi, passando il tuo tempo in attesa di una informazione (o di una scusa) che non arriverà. E d'altra parte, come potrebbe essere diversamente, se questo è l'unico Paese in cui una compagnia aerea di Stato, tecnicamente fallita per non aver saputo stare sul mercato, è stata privatizzata regalandole il Monopolio, e così costringendo i suoi vertici alla paralisi di fronte a dipendenti che non crederanno mai più di essere a rischio.
Credimi, se ti guardi intorno e se giri un po', non troverai molte ragioni per rincuorarti. Incapperai nei destini gloriosi di chi, avendo fatto magari il taxista, si vede premiato - per ragioni intuibili - con un Consiglio di Amministrazione, o non sapendo nulla di elettricità, gas ed energie varie, accede imperterrito al vertice di una Multiutility. Non varrà nulla avere la fedina immacolata, se ci sono ragioni sufficienti che lavorano su altri terreni, in grado di spingerti a incarichi delicati, magari critici per i destini industriali del Paese. Questo è un Paese in cui nessuno sembra destinato a pagare per gli errori fatti; figurarsi se si vorrà tirare indietro pensando che non gli tocchi un posto superiore, una volta officiato, per raccomandazione, a qualsiasi incarico. Potrei continuare all'infinito, annoiandoti e deprimendomi. Per questo, col cuore che soffre più che mai, il mio consiglio è che tu, finiti i tuoi studi, prenda la strada dell'estero. Scegli di andare dove ha ancora un valore la lealtà, il rispetto, il riconoscimento del merito e dei risultati. Probabilmente non sarà tutto oro, questo no. Capiterà anche che, spesso, ti prenderà la nostalgia del tuo Paese e, mi auguro, anche dei tuoi vecchi. E tu cercherai di venirci a patti, per fare quello per cui ti sei preparato per anni. Dammi retta, questo è un Paese che non ti merita. Avremmo voluto che fosse diverso e abbiamo fallito. Anche noi. Tu hai diritto di vivere diversamente, senza chiederti, ad esempio, se quello che dici o scrivi può disturbare qualcuno di questi mediocri che contano, col rischio di essere messo nel mirino, magari subdolamente, e trovarti emarginato senza capire perché. Adesso che ti ho detto quanto avrei voluto evitare con tutte le mie forze, io lo so, lo prevedo, quello che vorresti rispondermi. Ti conosco e ti voglio bene anche per questo. Mi dirai che è tutto vero, che le cose stanno proprio così, che anche a te fanno schifo, ma che tu, proprio per questo, non gliela darai vinta. Tutto qui. E non so, credimi, se preoccuparmi di più per questa tua ostinazione, o rallegrarmi per aver trovato il modo di non deludermi, assecondando le mie amarezze. Preparati comunque a soffrire.

Con affetto, tuo padre

L'autore è stato direttore generale della Rai. Attualmente è direttore generale della Libera Università internazionale degli studi sociali, Luiss Guido Carli. (30 novembre 2009)
[Articolo tratto dal quotidiano La Repubblica]

sabato 28 novembre 2009


Le vicende portate alla ribalta dell'attenzione pubblica da organi di stampa interessati perlopiù ad incrementare i dati relativi alla loro fruizione, mi disgustano profondamente. Prendere coscienza del fatto che ci sia con tutta evidenza una connessione - neppure tanto sotterranea - fra la dimensione degli eventi da prima pagina dei giornali e ciò che nel quotidiano urta con la resistenza inerziale della propria coscienza, al limite, mi deprime inquietandomi. L'aspetto consolatorio dell'intera triste faccenda sta nel fatto che l'inquietudine è principio di azione, di rifondazione del mondo. Essendo inquieto, il mio sguardo è anamorfico. Risponde alla violenza del mondo con la corruzione dello stesso mondo in uno specchio infranto. Il mondo deformato impone, ad ogni modo, di essere restaurato. Ed in questo senso, devo agire, non lasciando la barricata della sopravvivenza giornaliera. La fuga dal mondo è un'idiozia, un giochetto da depresso. Fugge dal mondo colui che arde dal desiderio disperato di essere ricercato, in una testimonianza sofferta di amore disinteressato, l'amore puro. Nausetato, "se mi avessero domandato che cosa era l'esistenza, avrei risposto in buona fede che non era niente, semplicemente una forma vuota che veniva ad aggungersi alle cose dal di fuori, senza nulla cambiare alla loro natura" (Jean-Paul Sartre, La nausée). Nel momento in cui la deformazione individuale del mondo raggiunge il suo culmine tragico, la meditazione splenetica, il principio di possibili suicidi e smarrimenti nelle folle metropolitane, diviene la ragione specifica dell'azione restauratrice. E' così che inizia un'autentica rivoluzione etica. Non potrebbe essere questa una straordinaria notizia?


venerdì 27 novembre 2009

La carriòla

L'altra metà della mela... è bacata



Purtroppo è così, lasciatemelo dire. L’Italia intera, dalle Alpi alla Sicilia, è macchiata dallo spettro della corruzione. A chi mi viene a raccontare che al Nord le cose funzionino come il meccanismo di un orologio rispondo con uno sberleffo e una pernacchia. Lo stivale ha le stesse sporche sfaccettature da ogni punto lo si osservi, senza rimedio di sorta.

Eccolo, il mio caro studente modello con la borsa sotto il braccio, il suo mp3 nelle orecchie per poter scansare lo stress di nove ore di viaggio e una valigia colma di volontà di ferro e conoscenze professionali inappuntabili. Eccolo. Scende alla stazione di una città, la città dei Savoia, la città espressa nella forma della Mole Antonelliana e del Sacro Lenzuolo. Scende. “La città della svolta”, pensa. E certo, non ci saranno i soliti incantesimi deliranti che fluttuano in altri posti, in ben altre università dove solo gli indigeni hanno il dono di essere scelti per il tanto agognato dottorato. Eccolo, il mio laureato, specializzato, presto autore di libri che altri (magari proprio i destinatari di quei favoritismi tanto macchinosi e indecenti) studieranno. Nove ore di viaggio. E va bene, purché si creda di andare incontro a persone, istituzioni e professionisti seri e naturalmente onesti. Presto s’accorgerà, il mio buon stacanovista dello studio, che l’onestà, oggi e in questo Paese, è un bene prezioso, pressoché introvabile.
Giorno della prova. Un’ora di attesa snervante dovuta alla necessità di accordare, accomodare, sistemare venticinque candidati che, contravvenendo alle regole inderogabili del bando, dimenticano di presentare l’imprescindibile documentazione: la mancata presentazione, infatti, comporterebbe (scrivo il condizionale piuttosto che l’imperativo perché…be’, leggete pure avanti) l’immediata esclusione dalla prova scritta. E invece, no! S’è pensato bene (un pensiero lungo, durato un’ora) di ammettere tutt’e venticinque i poveri, teneri sbadati consentendogli di presentare con riserva i documenti richiesti. Curioso!, i magnifici venticinque sono tutti studenti della città di cui sopra. Santa coerenza! Immaginiamo se i documenti li avesse dimenticati uno che s’è sciroppato nove ore di treno! Stando a quanto deciso, il malcapitato sarebbe dovuto ritornare di corsa a casa per poi risalire sulle Alpi e poter consegnare le scartoffie richieste… ma proseguiamo.
Trascorre un’ora, dunque, inizia la prova, finalmente. Il mio studente modello è talmente bravo, talmente pazzo e geniale, da scrivere l’intero compito (ben otto pagine) direttamente in bella copia e senza nessuna benché minima cancellatura o correzione!
Riesce a rientrare - su settanta candidati - tra i primi cinque (solo i primi due posti attribuiscono il diritto alla borsa di studio) e il suo compito è definito eccellente. Sapete com’è andata a finire? È stato escluso perché il compito è stato invalidato. Motivo? Recava in calce la firma (!). Eppure non sta scritto da nessuna parte che la firma avrebbe dovuto essere evitata, né tanto meno i membri della commissione hanno ritenuto opportuno precisarlo nel momento in cui hanno dato avvio alla prova. Senza considerare che in altri concorsi dello stesso tipo la firma non è mai stata considerata condizione invalidante.
E così, avvilito, affranto e deluso, il mio caro studente modello beffato se n’è tornato a casa: è salito sull’ultimo treno della sera e ha percorso a ritroso la strada ferrata che l’aveva portato verso la tanta decantata correttezza e serietà che invade le bocche dei settentrionali. Saranno pure settentrionali, ma appartengono comunque al settentrione di una nazione chiamata Italia che si propone, da qualunque punto la si guardi, nelle diverse mosse indecenti di una povera sgualdrina. L’Italia burocratica, amministrativa, istituzionale è un vero flagello, un sotterraneo dalle fisiologiche funzioni corporali.
Mio buon caro studente, credimi, il tuo lavoro eccellente deve aver raggiunto un tale livello di perfezione che s’è presentato come una vera minaccia, come un vero gigante da abbattere: la verità è che avrebbe messo in serie difficoltà il compito dozzinale di qualsiasi altro candidato dalle ‘conoscenze oppurtune’ e dalla coscienza inesistente, che s’è visto promettere la tanto meritata borsa di studio. E come si può abbattere un gigante? Lo si fa cadere, mettendogli lo sgambetto.
Mio impareggiabile genio degli studi filosofici, non arrenderti. Deve ancora nascere l’essere che sconfigge i veri eroi, i veri combattenti.

venerdì 20 novembre 2009

La carriòla

La verità sotto la maschera

Imperversano come raffiche di mitra le notizie che si affollano in quest’inconsueto caldo autunnale di novembre. Ci si confonde, si perde l’equilibrio a star dietro alle schiaccianti rotondità della cronaca e dell’attualità.
Da quando il cosiddetto caso Marrazzo ha nutrito pagine di giornali e schermi di telegiornali pare si sia conosciuto per la prima volta il fenomeno dei transgender (questo, mi pare, sia il termine corretto, quanto meno stando al linguaggio degli onnipresenti opinionisti di turno). Non c’è trasmissione televisiva, rivista scandalistica o giornale pseudo-serio che non lo innalzi a fenomeno del momento. Non c’è scampo, non c’è rimedio. Addirittura l’altro giorno, al supermercato… Eh no-no, non posso dispensarmi dal raccontarvelo…
Insomma, mi trovo alla cassa del supermercato con la mia spesuccia da pagare e il cassiere (nonché proprietario del supermarket) piuttosto che indicarmi quanto devo, afferra la pagina di una rivista e me la mostra. Sulle foto appare in tutta la sua affascinante femminilità una giovane con indosso un micro esemplare di biancheria intima (dire ‘micro’ è un eufemismo, dato che in alcune pose lo era talmente da scomparire del tutto). Alla vista delle foto esclamo di rimando: “Be’!, non credo mi interessi molto!”, e lui: “E’ un uomo!”. Delirio! Ma davvero non c’è scampo! Il voyeur continua a fare commenti sulla donna-uomo e dato che non gli do nessuna soddisfazione in proposito, mi fa: “Ma non vi hanno insegnato niente a scuola?”. !?! Già!, come se a scuola l’unica occupazione sia quella di stare a verificare il trait d’union che unisce la femminilità mascolina alla mascolinità femminea. E come se non bastasse (e con quest’ultimo appunto proprio non ho capito a cosa volesse andare a parare) scambia un’altra battuta con un ragazzo (il figlio, anche lui come il padre, improponibile. Ora so da chi ha preso!) e aggiunge: “E questo è pure un giornale di Berlusconi!”. Bah…
Ma pazzi del genere sono davvero tanto diversi da quei carabinieri che hanno dato fuoco alla miccia Marrazzo o dai giornalisti poco professionali che hanno pubblicato le foto sui giornali? Mi domando dove sia la differenza. E poi tutto sto’ putiferio. Come se Marrazzo fosse l’unico. È una goccia nel mare. In tutto questo traffico di idee sull’accaduto è poi difficile stare a valutare correttamente. Credo che ciò che abbia maggiormente colpito nella vicenda del governatore del Lazio sia quella sostanziale, labile linea di demarcazione che passa tra il come una persona sia nella realtà e come invece intenda apparire agli occhi degli altri. È l’eterno dibattito dell’essere e dell’apparire. Ciò che risulta incredibile è il dover affiancare alla figura dell’uomo impegnato politicamente, al padre di famiglia, al marito devoto l’altra figura dell’incauto uomo dedito a piaceri trasgressivi. Ma sarebbe venuta fuori la stessa solfa se l’avessero trovato con una donna? Probabilmente no. Eppure mi viene da pensare a quanti altri padri di famiglia, mariti ‘devoti’ e perbenisti con la puzza sotto il naso spendono i loro quattrini appresso a serate ammiccanti alla trasgressione e all’evasione dalla quotidianità. Non andrebbero pubblicati sui giornali anche i nomi di tanti altri estimatori del gioco fuori casa? Già, la privacy. Ma quant’è valida la teoria waldiana della maschera! Come ne ‘Il ritratto di Dorian Gray’, dove il giovane protagonista si copre di menzogne e di peccati di diversa specie eppure resta sempre bellissimo e senza nessuna macchia. Il quadro gli rivelerà la verità. La verità nascosta sotto la maschera.
È come quell’altra verità. Quella che fatica a venir fuori quando non si riesce a spiegare perché mai un uomo entra sano in carcere e ne esce morto. Qualcosa non torna, ma nessuno se ne preoccupa. Troppe noie, troppe responsabilità. Un uomo è morto. E allora?, era solo un detenuto. Povera dignità umana, calpestata come gracile filo d’erba.

Fanno bene a manifestare. Chi? Gli studenti. Questi sì, vogliono far valere una verità. La verità legata all’importanza dello studio e al potenziamento della mente. Tagliare i fondi destinati alla scuola è semplicemente immorale. Come si fa a costruire il futuro se non si investe sulla capacità dei giovani? Non hanno nessun altro settore su cui operare dei tagli? Tagliate gli stipendi dei politicanti, dei ministri e degli innumerevoli posapiano che fanno finta di governare il paese. Anzi, tagliateVI! Una riduzione del numero dei parlamentari non sarebbe appropriata per far fronte alla crisi? O della crisi economica debbono farsi carico solo i cittadini onesti, e checché ne dica Brunetta, lavoratori che non si risparmiano e fanno il loro dovere? Ultimamente diversi mafiosi e camorristi hanno visto i sorci verdi e le celle grigie. Qualcuno sostiene: “Grazie a Maroni”. Grazie a chi!? GRAZIE alla squadra mobile di Palermo che lavora in condizioni assurde, con auto-civetta (due per l’esattezza) avute in affitto. Grazie a loro, che fanno cento ore di lavoro straordinario, gliene riconoscono cinquantacinque e se ne vedono pagate trentacinque! Ditemi un po’ adesso: grazie a chi?
Cominciamo col riconoscere il giusto spazio alla verità, tanto bistrattata, tanto agognata.

martedì 17 novembre 2009

Per salvare l'Università contro
Beata Ignoranza e i suoi disastri

lunedì 16 novembre 2009

Passeggiando di notte

Torno a scrivere sul blog a distanza di un mese. Non è dipeso da me. Sono state le circostanze delle ultime settimane ad avermi intrappolato in un vortice inestricabile di impegni, decisioni, pensieri. Qualcosa sta cambiando rispetto all'equilibrio dei mesi primaverili ed estivi. Ad ogni modo, Pieghe libertarie resta un importante punto di riferimento, un progetto da potenziare piuttosto che un ripiego in cui scaricare la noia di pomeriggi interminabili e di ansie infinite. Forse potrebbe rivelarsi utile un migliore coordinamento dei contributi dei diversi autori. D'altra parte si fa quel che si può. L'essenziale è che si continui a scrivere, a far circolare idee e prospettive interpretative. Bisogna continuare, insistere con coraggio, indipendemente dalla considerazione del numero possibile dei lettori. Che sia uno o diecimila vale lo stesso. Forse sarebbe opportuno coinvolgere qualche nuovo autore. Vedremo. Il coinvolgimento di Cassandra è una ragione di grande soddisfazione per me. Nell'ultimo mese tante notizie portate alla ribalta dagli organi di (dis)informazione avrebbero potuto trovare ospitalità anche nel blog: le trans di Marrazzo e la tortura di Cucchi sono soltanto due esempi possibili. Non è accaduto, pazienza. Non si può essere sempre scontati. Passeggiando di notte, per sentieri perlopiù ignoti, non torniamo sul sentiero battuto delle consuetudini da bar. Per rispondere alla provocazione di Mirza, è da preferire senza alcun dubbio l'ignoto o l'iperbole dell'eccesso al suicidio delle possibilità intellettuali.

domenica 15 novembre 2009

Novembre . . .

Novembre: il mese dei morti. Quando gli alberi si spogliano e il freddo giunge a rinsecchire le ultime rose nel giardino e l’albero del melograno resta così, nudo, a mostrare coraggiosamente i suoi gravidi frutti, i paesaggi di collina si trasformano in deserti di paura, costellati da scheletri che tendono le loro braccia irte verso il cielo. Un grido dalla terra freme, nei tronchi di giorno, e la notte, la notte invece tutto tace. Silenzio. Il bosco non dice nulla. Solo gli occhi osano ancora scrutare. L’occhio rapace che tutto vuole inglobare. Ma la voce, di notte, nei boschi, la voce non ha luogo alcuno. E’ la Morte.
Amo i giorni di sole di novembre. La luce inonda la terra senza violenza. La terra è la regina e coabita con la luce come se fosse la sua ancella. La vedi lì, la terra compatta, brulla, ricoperta di foglie, che lancia i suoi frutti duri e secchi. E si sente la terra, fin dentro le ossa, a radicarci qui nella carne, con la carne, nella terra, con i funghi e i ciclamini. E’ la Morte.
A novembre i cimiteri sono un brulicare di fiammelle accese e di profumi. Si respira un’aria di vita, nei cimiteri, quasi di festa. Mi piace girare per il cimitero a novembre. I cimiteri sono per i vivi, non per i morti. Perché la memoria è dei vivi non dei morti. Piccole fiammelle accese che aprono il pensiero sulle vite, per lo più sconosciute, di quelli che sono morti e di quelli che sono ancora qui. Ricordo una donna l’anno scorso al cimitero. Anziana, vestita di nero, che venne incontro a me e mia madre, barcollando quasi, immersa nel suo lutto e ci ricordò il suo dolore col suo sguardo e le sue parole. Avevo dimenticato che da qualche mese aveva perso il marito. Il giorno dei morti è questo: ci si guarda e ci si riconosce, tutti sulla stessa barca, nessuna sorpresa di fronte a Lei. E’ la Morte.
Ah, ma quanti vuoti crea la Morte, quante distanze, quanti silenzi, quanta omertà, quante solitudini!
La Morte è dei vivi, la Morte è dei malati, la Morte è dei vecchi, la Morte è dei barboni, la Morte è dei terroristi, la Morte è delle vittime civili, la Morte è dei depressi, la Morte è degli ambiziosi, la Morte è dei poveri, la Morte è dei ricchi, la Morte è dei bambini, la Morte è degli adulti. Eppure, “la Morte è una macchia bianca sulla carta geografica del sociale” (Norbert Elias, La solitudine del morente). I viventi si identificano con molta difficoltà con i morenti, utilizzando quella strategia di difesa contro l’annientamento tipica dell’essere umano, che consiste sostanzialmente in uno stato di cecità esistenziale volto al superamento momentaneo del pericolo/contagio della Morte. Ma la Morte non è un pericolo, ahinoi! Si trasforma la Morte in pericolo, per poterla scongiurare o alleviare con mezzi tecnici, strutture sociali di organizzazione e di cura, per poterla incanalare anticipandola col pensiero ( e si gode di questa anticipazione strutturata). No, la Morte non è un pericolo, ahinoi!
La Morte è il motivo ontologico fondamentale, il cui pensiero spalanca l’abisso dell’Angoscia. E all’Angoscia, fortunatamente, non si sfugge mai. E’ la Morte.


Condoglianze Signor C.

Ci dovrebbe essere solo un lungo silenzio.
Tutti immersi in un lungo silenzio.
Eppure tutta questa gente ha sofferto un giorno.
E’ passata la Morte sulle loro ossa.
E ancora ci si ostina a parlare.
Forse far finta di nulla è meglio.
Guardare altrove.
Lasciare che il silenzio resti soffocato,
ma resti li, immobile
a tormentare a suo piacimento i momenti più vivi.
E la sera,
quando le coperte ci sono sopra
sentirlo nello stomaco trascinarci
verso un giorno altro.
Quel segreto che tutti conosciamo.
Quel sorriso cinico dei barboni alla stazione.
Quello è il silenzio che grida.
Si dovrebbe chiudere il sipario
con una grossa risata.

venerdì 6 novembre 2009

La carriòla

Il volo della poesia


E così saresti stata la pazza della porta accanto... T'avessi avuta come vicina di casa, come amica dirimpettaia, avrei liberato le tue mani dalle catene della tua prigione, dalle porte chiuse a chiave dell'intolleranza.
Superba è stata la tua notte sommersa nel candore spettinato di un cuore avido di passioni e amori, meravigliosa farfalla dalle ali fragili perdute nella ricerca di un volo di primavera.
T'ho letta, amata e odiata per quelle frasi che senza tregua m'hanno scavato l'anima sommersa a rintracciare un piccolo seme di eterno, di infinito.
Afferrai il mio primo libro con un'avidità da animale e mi persi per giorni interi a inseguire la musica delle tue ballate non pagate e quando, la vertigine ormai all'estremo, mi balzarono dinanzi quei versi: Ho gli inguini decisi come una donna ma son già lontana dalle richieste delle praterie, sconvolgesti ogni metrica, ogni parafrasi, ogni decenza che avevo conosciuta.
Chi non t'amo, mia amata? Ti vedo in uno di quei tanti scatti che t'hanno ritratta bella, vera, sonora, elegante, con le perle e l'immancabile sigaretta tra le dita dalle unghie smaltate. Che donna sei stata! Hai avuto tutto il mondo dentro l'anima, hai assorbito ogni mistero, ogni profondità della natura e nel Magnificat il tuo cuore di vergine ha scritto di immagini superbe. E l'incanto perduto tra le pagine innamorate di un libro che ha urlato di essere folle, folle, folle di amore..., ma quanto amore hai cercato, quanto amore hai amato nella tua vita?
Poi la tua ultima opera ...La nera novella... Capolavoro funambolico, pazzesco, frutto di una mente sana, oh sicuro, più sana di quei bianchi pazzi che ti costringevano lo spirito in una fottuta camicia di forza. Quelle miserie umane potevano imprigionarti il corpo, ma non hanno potuto catturarti l'anima!
La tua novella oscura s'è trasformata con un raggio di sole, magico avvertimento di un riflesso d'amore. Segui la luce dell'amore vero, quello che hai liberato in vita ora è ritornato fra le tue mani.
Mio fiore di poesia, troverò da leggere i tuoi versi e le tue emozioni anche nei righi mobili delle nuvole là sopra.

"Ma il giorno che ci apersero i cancelli, che potemmo toccarle con le mani quelle rose stupende, che potemmo finalmente inebriarci del loro destino di fiori. Divine, lussureggianti rose! Non avrei potuto scrivere in quel momento nulla che riguardasse i fiori perché io stessa ero diventata un fiore, io stessa avevo un gambo e una linfa".
(A. Merini, L'altra verità Diario di una diversa)


giovedì 5 novembre 2009

Omaggio ad Alda Merini

domenica 1 novembre 2009

Si è spenta la più ispirata e geniale
poetessa italiana di sempre
Addio Alda


Piange la follia nel mio letto
assurda memoria di altri momenti.
In me tutti amano la follia
e io la venero,
straordinario balcone di canto
ma nessuno ama la donna
che si brucia allo specchio.
Nessuno sa che cosa sia il piacere
di reggere il lume della pazienza
attraverso strade infeconde
liberando momenti di solitudine.
Paiono orrende torture
ma intanto mangi e bevi e vai avanti
dopo aver conosciuto l'embrione
che ti ha dimenticato.
Alda Merini, Superba è la notte, Einaudi, Torino 2000, p. 26.