La vita è esperienza, cioè improvvisazione, utilizzazione delle occasioni; la vita è tentativo in tutti i sensi. Donde il fatto, a un tempo imponente e assai spesso misconosciuto, delle mostruosità che la vita ammette
Georges Canguilhem



giovedì 29 novembre 2012


Quasi m'è parso di trovarmi in un Paese normale e libero in cui si riservi un certo riguardo a coloro che sono definiti cittadini non solo in senso letterario. Quasi m'è sembrato di assaporare il gusto naturale di un paesaggio pudico, scevro dalle favole intavolate intorno a contratti mefistofelici e vacui. Quasi non m'è sembrato vero di leggere, nell'angolino in alto a destra la sigla del canale nazionale che da tanto, troppo tempo, non è stato più in grado di offrire credibilità al di fuori di quello che mia nonna chiamava sceneggiato e che oggi, così esterofili, pronunciamo fiction, invenzione. Finalmente un confronto politico vero (e quanto sarebbe stato ancor più esaltante se i due fossero appartenuti a schieramenti politici opposti!) fra due candidati rispettosi, quasi paragonabili ai modelli americani, integri ed educati nei modi (e vi par poco?). Convincente anche la giornalista Monica Maggioni nel ruolo di 'arbitro'. C'è stato qualcosa di nuovo stasera in televisione.  Peccato che durante la pubblicità s'è annunciato il solito clima salottiero di Vespa che sa talmente tanto di rancido, così inzaccherato com'è di aria stantìa e repressa.

lunedì 26 novembre 2012

  Non ci si può improvvisare romanzieri dall’oggi al domani. Un mio insegnante di storia e filosofia ai tempi del liceo ha dato recentemente alle stampe, presso un buon editore napoletano, un romanzo che richiama nel titolo una memorabile canzone di Stefano Rosso (quella dei due amici, una chitarra e uno spinello…). Gli voglio bene, lo considero un interessante frequentatore di bar notturni, un libertino impertinente. Pur essendo in pensione già da diversi anni, è più giovane di me. Un decennio fa nel consiglio di classe si batteva in maniera ardimentosa per me, neutralizzando le moine della cogliona radical-chic di matematica e fisica, che non mi poteva soffrire perché (con sacrosanta ragione) la snobbavo (eppure frequentavamo la stessa sezione del PDS). In una occasione, l’insegnante di inglese mi disse: “quello pende dalle tue labbra”. Memorabili il 10 in filosofia, il 9 in storia. In classe lo chiamavamo miniocchio, per la vistosa sproporzione fra la montatura rossa degli occhiali e gli occhi infinitesimali. Caro Peppino.
   Non sono riuscito a terminare la lettura, mi sono interrotto ai tre quarti del volume. Non posso procedere oltre. Ho ritrovato situazioni e personaggi reali. L’immaginazione non ha trasfigurato la realtà, come mi sarei atteso. Il romanzo si presenta come un almanacco di pettegolezzi da bar su poveri derelitti sociali: una battona in età avanzata, uno squinternato che ulula alla luna, unanordafricana che un fallito ha acquistato da un trafficante di schiavi, vari cornuti. Che delusione! La letteratura è ben altra cosa. Non basta offrire in pasto al lettore gli orrori di una piccola comunità per erigersi come scrittore maledetto, dandy crepuscolare. Non basta sostenere che il sonno è un attentato alla vita, che è buona cosa penetrare nelle lande dell’Europa dell’Est, che occorre fare la rivoluzione per lasciare in qualche modo un segno. Mi auguro che Peppino non legga questo post. Gli voglio bene e mi spiace per un’occasione sprecata.

domenica 18 novembre 2012

Primarie, le ragioni della concretezza

Sono immune dalle fascinazioni degli incantatori di serpenti, soprattutto di quanti trasudano cultura televisiva. Così gli effetti speciali di Renzi, abilmente addestrato dagli sceneggiatori Mediaset, non mi abbagliano. La politica non può ridursi a La ruota della fortuna o, per meglio dire, a Ok, il prezzo è giusto!



Domenica darò credito alle ragioni della concretezza, ciò che ci occorre al massimo grado. Il segretario del PD è al riguardo una garanzia: lo prova la sua esperienza amministrativa. Le narrazioni immaginifiche di Vendola, effusione del suo carisma poetico, sono prodotti per sognatori. Ma adesso non possiamo concederci il privilegio di fantasticare, trasfigurando il tessuto sociale in un romanzo d’appendice. Puppato e Tabacci cercano legittimamente una loro visibilità. Ma mi ostino a ritenere che la scelta elettorale debba mirare al bene comune, piuttosto che al successo di campagne marginali.

giovedì 15 novembre 2012

Il mondo salvato dai ragazzini

Senza se e senza ma, i ragazzi sono sacrosanti, inviolabili. Chi fa violenza a un ragazzino commette un crimine contro l’umanità, ovvero si rende disumano, volta le spalle alla civiltà per sposare le cause oscure della barbarie.
Il profilo insanguinato del tredicenne di Terragona è sconvolgente, uno scacco matto ai princìpi della morale pubblica. È stato percosso da diverse manganellate dalla polizia. Partecipava con la madre a una marcia pacifica di protesta contro gli innominabili predatori che traggono vantaggi sconfinati dalle ingiustizie sociali. Inerme e mortificato. Lacrime e sangue. Banditi in divisa. Indignazione profondissima. L'icona di un bambino che scende in piazza per protestare contro l’austerity è quasi struggente. Dà un po’ di sollievo a quanti si ostinano a rifuggire la palude. È più forte dei lupi che agiscono negli Stati o per conto degli Stati, non solo di notte. Abbiamo bisogno di icone. Possiamo ancora credere che il mondo possa essere salvato soltanto dai ragazzini. L'icona di un bambino ferito è un urlo contro il cielo che esige giustizia.

domenica 4 novembre 2012


La scena è tanto coinvolgente e ricca di significati da rendere struggente persino un improbabile Bowie in italiano. Nella versione di Mogol l’immagine lirica di un uomo che galleggia nello spazio stellato è stata tradita dal “dolore” del “ragazzo solo” che ha perduto senza dubbio un “grande amore”. Una soluzione piuttosto elementare che richiama il Battisti più adolescenziale. “Un homme a disparu dans le ciel” (1971) di Gérard Palaprat è invece un capolavoro dimenticato. Tuttavia il ragazzo solo di Bertolucci che si rifugia in una cantina dà un senso postumo e rende forse commovente la vecchia canzone italiana di Bowie.

venerdì 2 novembre 2012

La caduta di Titano

C’era una volta Titano, un medico di campagna che riuscì ad asservire ai comodi propri e della propria famiglia un’intera regione, per quanto piccola sia. Il gioco ha funzionato per più di 10 anni. Il suo regime era molto pervasivo: non mancavano funzionari fiduciari, vassalli e valvassori, in ogni paesotto, finanche in quelli più nascosti fra le montagne. Il governo dei maiali di Orwell ne è una rappresentazione plastica, tutt’altro che caricaturale. Titano ha mangiato l’intera regione, senza che l’irrefrenabile ingordigia causasse reflussi gastroesofagei. Perché i sudditi vincessero l’intorpidimento causato dall’assuefazione (favorita dalla stampa e dalle TV locali) doveva consumarsi un decennio di miserie e di impoverimento morale e materiale della comunità. Così, un anno fa hanno iniziato a ribellarsi: non hanno accettato l’asservimento della terza città della regione alla sorella di Titano, e hanno voltato le spalle ai maiali nei centri più popolosi. Titano è riuscito a resistere per una manciata di voti, raccolti in località dimenticate da Dio, dove le notizie arrivano quando è sempre troppo tardi.
Poi la TV nazionale ha denunciato i suoi orrori, rendendo frustante il sentimento di vergogna covato a lungo da quanti hanno saputo resistere al dolce canto delle sirene, dietro il quale Titano celava le bramosìe inconfessabili della sua cricca spensierata. Pochi giorni fa il Consiglio di Stato ha abbattuto il governo dei maiali. Quel che ne resta è lo sterco nei palazzi e nelle piazze. Ma l’aria è già più fresca.