La vita è esperienza, cioè improvvisazione, utilizzazione delle occasioni; la vita è tentativo in tutti i sensi. Donde il fatto, a un tempo imponente e assai spesso misconosciuto, delle mostruosità che la vita ammette
Georges Canguilhem



venerdì 26 luglio 2013


Appendo da un autorevole organo di informazione (http://napoli.repubblica.it/cronaca/2013/07/26/news/cosentino_lascia_il_carcere_ai_domiciliari_a_venafro-63756826/?ref=HREC1-5) che al (dis)onorevole Nicola Cosentino è stato riconosciuto il beneficio della detenzione domiciliare proprio nella piccola città. Mi viene da vomitare.
La notizia è mortificante, profondamente deprimente. Mi tingo il volto di vergogna. 

domenica 21 luglio 2013




 MEMORIA DOMENICALE DEGLI SMITHS
   The Smiths, «il gruppo più snob della scena musicale anglosassone», si distinguevano anche per un certo radicalismo (reso emblematico dal titolo del quarto album), tutt’altro che scontato se associato allo svagato disimpegno dei Duran Duran e di altre celebri bands coeve.  Erano intransigenti da un punto di vista letterario, e così sedussero Tondelli e altri profondi conoscitori dei costumi e delle mode del postmoderno. La scrittura di Morrissey era ricercata, talora ispirata fino all’iperbole sentimentale (si pensi al seguente passo:

And if a double-decker bus
Crashes in to us
To die by your side
Is such a heavenly way to die
And if a ten ton truck
Kills the both of us
To die by your side
Well the pleasure, the privilege is mine


tratto da There is a light that never goes out). «Un modo celestiale per farla finita…» esprime bene l’edonismo sprezzante, disincantato, inconsapevolmente decadente degli anni ’80, così lontani, ma rievocati nelle parvenze e nelle maniere attuali (come il taglio dei capelli e la montatura pesante degli occhiali). E la voce di Morrisey, «sensuale, strascicata e maledetta: l’unica un po’ perversa che questi primi anni ottanta – obsoleti, invece, di falsetti e mezzeseghe – ci abbiano dato». E infine le contaminazioni eleganti fra generi distanti (di qui il cosiddetto indie pop), espressione mirabile del gusto postmoderno, di per sé irripetibile, e pertanto dannatamente (in)attuale, al di là dello scadimento dell’edonismo in pornografia, vicenda piuttosto recente.

PS: Le citazioni sono tratte da P. V. TONDELLI, Un weekend postmoderno. Cronache dagli anni Ottanta, Bompiani, Milano 2009 (1990), p. 300.

venerdì 19 luglio 2013

FENOMENOLOGIA DEI GIORNI DELL’ABBANDONO

Rientrando a casa di notte sono stato sedotto, dieci giorni fa o giù di lì, dall’ultimo singolo di Gazzè. Avevo appena lasciato le note ricercate di RadioTre, perfette per un notturno di mezza estate, per distendermi con le trasmissioni più pop di una radio commerciale. Incuriosito, ho concentrato l’attenzione sul testo, ispiratissimo fino al virtuosismo poetico, facendo astrazione dall’eccellente arrangiamento, espressione di uno stile ormai inconfondibile e degno di apprezzamenti critici. 



I tuoi maledettissimi impegni è la sintomatologia del logoramento sentimentale. La lacerazione di un legame affettivo è sempre premessa da segni troppo evidenti per essere fraintesi, e quindi inequivocabili: il compagno o la compagna indossa una maschera, si allontana, moltiplica le occasioni per ritardare o annullare gli incontri; per non parlare dei «discorsi strani» dietro i quali si nasconde, frasi svagate e distratte, che marcano la profondità della distanza e gettano il cuore in un pozzo. Si tratta della liturgia, ipocrita ma elegante, dell’abbandono: se non ho il coraggio di dirti che per me qualcosa è cambiato, non calpestando il tuo sguardo avido di riscontri, allora provo a fartelo capire… L’amante non ha che una soluzione a disposizione, vale a dire la mortificazione suprema, l’annichilimento del risentimento dovuto alle provocazioni, il declassamento ad accessorio occasionale («e non c’è che una soluzione se non quella/di rimpicciolirmi a dismisura/fino al punto di traslocare nella/borsa tua con gran disinvoltura»), l’adesione cieca agli atteggiamenti dell’amato di un tempo («cambiando se tu cambi posizione»), al di là del gusto personale, dannando le inclinazioni per le quali era stato apprezzato. L’amante soccombe nella dialettica amorosa, si immola per una causa che ritiene superiore, inconsapevole di essere il guscio fragile ed effimero, l’«involucro di ogni funambolico pensiero che ti viene». Si pensi a una caramella: l’involucro è l’ultimo ostacolo frapposto al godimento, e pertanto va soppresso, stropicciato, gettato via. La cupio dissolvi si addice a personalità straordinarie, predisposte per vocazione all’amore puro e incapaci di temere di non essere ricambiate. L’amore disarmato che in una dimensione teologica costò a Fénelon accuse di eresie, diviene sul piano sentimentale la scena chiaroscura di un olocausto erotico, che è autentico proprio perché inutile (non conduce a nulla) e massimamente ingiusto (l’amato indifferente è indegno della mia mortificazione). La rinuncia all’autodafé di sé lascia rispondere all’indifferenza con l’indifferenza, nella sospensione del linguaggio e dei gesti, che favorisce automatismi silenziosi. Colti i segni ineluttabili dell’abbandono imminente, si gioca d’anticipo, cancellando un nome fra i tanti dalla rubrica, voltando le spalle ai rimorsi (morsus conscientiae), anonimo nella folla anodina della bella estate

giovedì 11 luglio 2013




ADDIO COMPAGNI (S)PREGIUDICATI!  Nella piccola città mi trovo in una condizione di ineluttabile isolamento politico, la conseguenza inevitabile delle elezioni amministrative di maggio. Non subisco la relegazione alla marginalità con rassegnazione, come un colpevole che, dopo aver preso coscienza dei suoi sbagli, accetta col capo chinato il peso dell’espiazione. Io stesso mi pongo fuori dal campo, all’opposizione della maggioranza e dell’opposizione. I conoscenti di sinistra, vagamente radical-chic, disinvolti e liberissimi da legami partitici, hanno conquistato per un pugno di voti la Casa comunale. Ma a quale prezzo? Alleandosi con fascisti, arrivisti senza né arte né parte, affaristi di professione, vale a dire con gli avanzi della peggiore destra locale. L’alchimista che vende l’anima al diavolo pur di conseguire un obiettivo irrinunciabile vive nella fantastica illusione di aver dato un senso ai suoi giorni, e si bea della sua vanagloria, non sapendo che è destinato a dissolversi nell’athanor. Una svolta monca non dà espressione a una rinascita rivoluzionaria ed è soltanto il preambolo di un fallimento necessario. L’ottusità egocentrica e paranoica di un Savonarola di provincia ha precluso l’affermazione di valide soluzioni alternative, all’insegna del buon senso e della decenza amministrativa. I suoi compagni, accecati dalla lealtà settaria, lo hanno sostenuto e incoraggiato fino al sacrificio supremo, convinti sul serio di poter cambiare il mondo. Per ora hanno perso la faccia. Avranno tutto il tempo di perdere tutto il resto.

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 L’INNOCENZA DELL’OBLIO  Mia nonna paterna crede che ci troviamo nella tarda primavera del 1999. Non c’è verso di convincerla dell’evidenza delle sue disfunzioni mnemoniche. “2013? Vuoi prendermi in giro?”. Vorrei tanto che avesse ragione, che gli ingranaggi della sua memoria opponessero qualche blanda resistenza alla deriva alienante, e che le mie poche certezze fossero un prodotto generoso della mia fertile immaginazione.

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 LA CITTÀ CIALTRONESCA  Seconda edizione nella piccola città di “Anima paesana” sul corso centrale, la via dei grandi bar. Le pseudo-associazioni giovanili, prive di una sede sociale (e pertanto non presentabili come meritori centri aggregativi), incoraggiate dai mercanti della movida locale, si sono auto-riproposte come società organizzatrici dell’evento, il revival campagnolo delle tavolate prosaiche e dei balli salentini. Secondo i promotori, l’affare privato di qualche barista spudorato può essere scambiato per un tentativo di promozione culturale del territorio. Assurdo no? Beh, non tanto, se si tenesse conto del solito coro di cicale eccitate dal niente, o meglio da un segno deludente della mediocrità imperante.