La vita è esperienza, cioè improvvisazione, utilizzazione delle occasioni; la vita è tentativo in tutti i sensi. Donde il fatto, a un tempo imponente e assai spesso misconosciuto, delle mostruosità che la vita ammette
Georges Canguilhem



lunedì 30 settembre 2013

Il servizio di iTV sull'Agoràfestival


Agorà">http://vimeo.com/75698957">Agorà Festival 2013 - teatro Remigio Paone
from ITRItvhttp://vimeo.com/user8276793">ITRItv> on Vimeo.https://vimeo.com">Vimeo.>
Un frammento musicale dell’Agoràfestival
Federica D’Antonino con Feliciano Ricci

domenica 29 settembre 2013



Paure indotte
Io, l’altro e il nemico





                                                                Perché d’un tratto questo smarrimento
                                                                ansioso? (I volti come si son fatti serî!)
                                                             Perché rapidamente e strade e piazze
                                                                            si svuotano, e ritornano tutti a casa perplessi?

                                                                             S’è fatta notte, e i barbari non sono più venuti.
                                                  Taluni sono giunti dai confini,
                                                                        han detto che di barbari non ce ne sono più.

                                                               E adesso, senza barbari, che sarà di noi?
                                                                                    Era una soluzione, quella gente

                                                                                         Costantino Kavafis



Aspettando i barbari

   Sin dall’antichità classica la diversità culturale è stata negata, o meglio respinta sul piano della dis-umanità. Ogni sistema di valori dà luogo a un microcosmo culturale, in virtù del quale i sistemi alternativi sono fraintesi o trascurati. La maggior parte dei cosiddetti popoli “primitivi” si designa infatti come “gli uomini”, relegando gli “altri” nella natura. Essendo balbettante, il barbaro difetta di pensiero e, pertanto, appare come l’Altro insopportabile, che deve dunque essere respinto: ad esempio, per Aristotele non v’è differenza fra il barbaro e lo schiavo. Più in generale, lo straniero (in latino hostis più che peregrinus) ha in sé l’espressione dell’ostilità.
   Recessioni economiche, crisi politiche e mutamenti sociali provocano insicurezza nel sentimento dell’identità. La condivisione della lingua, della confessione religiosa e di un passato comune non soddisfa più l’esigenza identitaria, per la quale occorre riscoprire le radici culturali. Eppure si trascura che, come ha avuto modo di osservare Enzo Bianchi, si danno radici soltanto nel regno vegetale. In un’epoca segnata dalla crisi dell’identità collettiva, occorre un nemico verso il quale rivolgere le tensioni interne. Come ha sostenuto Umberto Eco, il nemico offre un ostacolo rispetto al quale misurare la solidità del sistema valoriale. Diventa nemica una figura estranea, non necessariamente proveniente da un altrove indefinito (si pensi all’extracomunitario immigrato o al gay), che di per sé rappresenta tutt’altro che una minaccia. Ma Spinoza ha insegnato che quando gli uomini non sono grado di prendere una decisione e fluttuano miseramente fra la speranza e la paura (che sono due passioni tristi, che inibiscono la potenza di agire), allora sono disposti a credere a qualsiasi cosa. Anche al Telegiornale meno attendibile. In accordo al principio classico della kalokagathia, secondo il quale quel che è buono è necessariamente anche bello, il nemico non può non risultare ripugnante (essendo privo di integritas) e maleodorante. L’invenzione del nemico si avvale dei pregiudizi negativi. Ogni pregiudizio marca una distanza rispetto all’oggetto della svalutazione e rafforza al contempo il soggetto prevenuto. È radicato e profondo, perché deriva da cliché di maniera che potrebbero avere anche un fondo di verità e che di certo àncorano a una cultura di base, favorendo sentimenti di appartenenza. Prontamente confermati dagli organi di informazione, i pregiudizi lasciano emergere dalla loro latenza subculturale timori ancestrali e notturni. Il cittadino inquieto si reca alle urne ed è pronto a sostenere il Reggente Forte.


Ho visto anche degli zingari felici





    Il nemico classico è l’ebreo. La letteratura concernente l’odio antisemita e la Shoah è esaustiva e variegata, estendendosi dalla narrativa alla cinematografia. V’è invece un’altra figura estranea, storicamente discrimanata, che è avvolta dal silenzio: quella dello zingaro. Nell’età moderna l’assassino di uno zingaro poteva farla franca a Venezia e in altre città: nessun tribunale lo avrebbe infatti condannato. Nel XVII secolo i nomadi venivano scacciati di villaggio in villaggio in Germania in quanto ritenuti spie al servizio dei Turchi; nel secolo successivo Kant avrebbe scritto che «l’uomo del non luogo è criminale in potenza». Del resto si sa per tradizione che gli zingari sono sicuramente imbonitori furfanti e ladri di bambini. Dato che il furto non rientra fra quanto essi ritengono mallipé (ovvero impuro), qualcuno ha voluto credere che si debba riconoscere una predisposizione gitana alle ruberie. Si tratta di un argomento superficiale e intessuto di stereotipi. Un rom non trufferebbe mai un rom. Derubando un gagé, riscatta invece una lunga storia di negazioni. Agli zingari sono negate la privacy (di qui le recentissime schedature di polizia in Svezia), la proprietà privata (di qui gli assalti e i roghi dei campi nomadi), e finanche la memoria (di qui la rimozione del Porrajmos, la grande devastazione nazista che ha comportato lo sterminio di circa cinquecentomila zingari nei campi di concentramento). Essendo orale, conchiusa in sé, la cultura romanì non ha condiviso con il mondo la sua oscura tragedia.

Un paradosso educativo


   La paura del barbaro rende barbari, come prova l’esempio delle ronde di quartiere organizzate alcuni anni or sono da militanti della Lega Nord e di altri movimenti xenofobi e razzisti o neofascisti. Ma, come ha suggerito Claude Lévi-Strauss, è proprio del barbaro respingere quanti esso stesso considera barbari. Pertanto i nuovi barbari sono facilmente riconoscibili, e non possono più nascondersi dietro il velo rassicurante delle loro presunte buone intenzioni. In conclusione, bisogna essere riconoscenti nei confronti dello straniero postmoderno, chiunque esso sia, poiché è soltanto con lui che si può tentare di decifrare lo sviluppo precario e confuso dei modelli sociali di un’epoca dominata dalle passioni tristi. 

sabato 14 settembre 2013

mercoledì 11 settembre 2013




Ideato da Francesco Giampietri, Mirza Mehmedović, Martina Purificato e Vincenzo Brusello, patrocinato dal Comune di Formia ed organizzato dall’Associazione culturale Idest, agoràfestival idee in movimento è un progetto culturale sperimentale volto alla promozione di un inedito piano di intersezione di più registri tematici (l’arte, il pensiero e la musica) intorno a un tòpos univoco: Identità/differenze, argomento problematico e di stringente attualità che si presta a molteplici declinazioni, di natura estetica, antropologica, filosofica. L’idea di fondo che ha ispirato i promotori dell’iniziativa si lega all’esigenza di tornare a fare cultura nell’agorà, il centro democratico della città che viene sempre più svilito a vantaggio soprattutto delle piazze virtuali; ben rappresentata dal Teatro “Remigio Paone”, l’agorà, di per sé accessibile a tutti, viene pienamente ristabilita come il luogo proprio della manifestazione delle arti e del libero scambio dei saperi, il polo di convergenza di artisti, musicisti e filosofi. Al cospetto del disarmante individualismo, del superficiale edonismo e della complessiva sfiducia nel mondo, che sono fra i tratti distintivi della società postmoderna, appare opportuno scommettere sulla valorizzazione dei talenti individuali, soprattutto dei giovani, in un contesto pubblico.

   Il programma dell’agoràfestival idee in movimento prevede una mostra di opere, riconducibili a vari stili, di giovani artisti, un seminario filosofico che stabilisce un confronto fra diversi studiosi ed animatori culturali premesso a una discussione aperta al pubblico, nonché le esibizioni di due band musicali e di una promettente cantante lirica. Nell’agorà dunque le idee tornano ad essere in movimento, per la costruzione del bene comune, il benessere della polis.