Ok. Ammettiamolo subito: premio meritato. Degno del profilo adunco della vecchina a cavallo di una scopa. Perfettamente conforme alle aspettative del premio di mezza estate. E pensare che sin dalle prime pagine avevo meditato di scriverne in maniera dispregiativa lusingando l’idea di stroncarlo in pieno. Da lettrice, è chiaro, non sono mica un critico letterario.
Una quantità esagerata di turpiloqui e volgarità e oscenità. Se non avessi avuto la patente di ‘lettrice indefessa e ostinata’ non penso che sarei riuscita ad apprezzarlo. Ed è stata questa la vera fortuna. Perché dopo un universo mondo di sottolineature sull’ossessione primaria dei protagonisti, dopo il linguaggio scurrile in cui ho navigato per tutta la buona metà del romanzo, finalmente sono approdata su qualcosa di essenziale, di più profondo, di più interessante. Non intendo affatto star qui a proporvi un riassunto ben congegnato dell’ultimo romanzo di Piperno: sarebbe eccessivamente noioso e oltremodo inutile. Il fine di questa recensione è esclusivamente quello di puntare una lucina verso un romanzo che riesce a carpire l’interesse del lettore grazie alla sua scrittura scanzonata, rapida, pungente, irriverente ma anche sensibile e tale da pizzicare le corde dell’emotività insita in ciascuno di noi. Non solo cinico e perverso, strafottente e megalomane, solitario (l’ho detto, la prima buona metà ti sconcerta al punto da farti credere che un’opera buona sarebbe quella di diseredarlo nel punto più nascosto della tua personale mini biblioteca casalinga!) ma anche un bontempone: ecco il ritratto del libro, da cui salta fuori, come in un trompe-l’oil, la natura più marcata del suo autore. Già, Alessandro Piperno. Insegnante di letteratura francese a Tor Vergata. Di solito, ciò che accade quando si legge un libro è di figurarsi talmente bene il protagonista, grazie alla descrizione minuziosa offerta dall’autore, che quel personaggio pare entri a far parte della nostra vita, per cui si può avere l’impressione di scovarlo in un angolo della strada che stiamo percorrendo, o di confonderlo col destinatario di una canzone trasmessa alla radio, di attribuirgli, insomma, una vita propria che si districa nella nostra quotidianità di lettori appassionati. Bè, quello che mi è capitato leggendo ‘Inseparabili’ è un fenomeno opposto: perché quello che m’è sembrato rivivesse in assoluto è l’impronta dello scrittore. Ecco, già vi vedo mentre vi dimenate dalla sedia!, lo so, pare una banalità perché è ovviamente ragionevole rintracciare il profilo dell’autore nei suoi personaggi. Eppure ciò che intendo io è un’altra cosa. Piperno si confonde e si fonde nei due fratelli, Filippo e Samuel. Inseparabili perché insiti in una stessa persona. Samuel-Piperno-Filippo. È l’eterno dualismo che imbratta il sottosuolo di ognuno di noi. Piperno s’incarna in Samuel, ma Samuel cerca di assomigliare a Filippo? E’ così che stanno le cose? Oddio!, possa io scampare da ragionamenti cervellotici che turbino l’attenzione dei due miei lettori!
Ma torniamo ad Alessandro Piperno. Schivo, quasi costretto ad imbrogliarsi in quell’evento mondano, così estraniato dal turbinio mediatico che caratterizza la serata. Ma quanto il suo aspetto è anche mostruosamente aderente alla sua anima! Avreste dovuto vederlo durante la serata della premiazione!, (chiariamo che la sottoscritta non era seduta tra i ben educati ministri della nobiltà romana, quelli che applaudono con morigeratezza perché temono che possano spellarsi le mani ad ogni battito della palma contro l’altra, mettendo così a repentaglio l’esistenza dei loro gioielli o dei loro orologi super costosi. No, io ero a casa ad onorare il mio sacrosanto posto in prima fila), e non potete sapere come mi gongolavo nell’osservare lo scrittore romano quando veniva proclamato vincitore dell’ambito premio Strega! Un attimo prima completamente distaccato, così noncurante del fatto di essere finalista con altri quattro colleghi-scrittori, capitato quasi per caso in quel contesto tanto salottiero e distante anni luce dalla sua vera natura, e poi!, benedetto clamore della vittoria! Eccolo lì, imbambolato (è questa la doppia essenza che vivacchia nel nostro seminterrato dell’anima?) più del dovuto che pare non credere alle proprie orecchie e agli urli e applausi da stadio che gli provenivano da una ristretta cerchi di amici, veri sostenitori in carne ed ossa, che davano uno scossone agli impomatati esseri inerti che occupavano le prime file lasciandosi andare all’unica espressione consona alle loro facce: sbalordimento per tanta ‘caciara’ in un posto altolocato come quello! E dovevate vederlo, il vincitore, come tracannava la sua buona bottiglia di liquore ‘Strega’, onorando così nel miglior modo possibile, la sua meritata vittoria letteraria!
Bene, questo è tutto quello che avevo da dirvi, miei cari due lettori. Tenete d’occhio Piperno, il moderno scrittore decadente, maledetto al punto giusto come solo i poeti francesi hanno insegnato ad essere.
P.S.: chissà che Ferzan Ozpetek non decida di ricavarne un film! Dico Ozpetek per scongiurare qualsiasi intervento di Luchetti, il regista che ha stravolto, con molta cura e devozione, il mio caro fasciocomunista Accio Benassi nel suo improbabile ‘Mio fratello è figlio unico’. E quindi, se mai qualche regista intenderà ispirarsi all’ultimo premio Strega, non escluda l’intervento dell’autore che saprà bene offrire il suo prezioso contributo!
Ah, tanto per: Pierfrancesco Favino nel ruolo di Samuel, Michele Riondino nel ruolo di Filippo, Virna Lisi nel ruolo di Rachel, Barbora Bobulova nel ruolo di Silvia, Martina Stella nel ruolo di Anna, Barbara Tabita nel ruolo di Ludovica…
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