di Andrea Fiamma
Tra due mesi circa avranno luogo le complesse elezioni europee, il cui
significato epocale viene largamente sottovalutato nell'opinione pubblica
italiana. Vizio non nuovo questo, tutto italico, che negli anni passati ci ha
indotto a riempire le aule del parlamento europeo con politici spesso
impreparati e uomini di partito che non riuscivano a piazzarsi nelle – seppur
tantissime – opportunità di impiego nei consigli e commissioni provinciali,
regionali o parlamentari. I candidati, quasi mai politicamente appartenenti alla
circoscrizione di elezione erano in larga parte sconosciuti al territorio, che
rispondeva con un costante astensionismo.
Ma stavolta la partita pare diversa, e non solo per alcune incidentali
candidature illustri – come quella forse confermata di Silvio Berlusconi,
impegnato più a trovare una scappatoia parlamentare ai problemi giudiziari che
veramente cosciente del progetto storico-filosofico dell'UE; quello che emerge è
che oggi, forse per la prima volta, il popolo scottato dalla crisi ha preso
coscienza della centralità delle decisioni prese a Bruxelles e della prossimità
inaspettata delle cancellerie europee sulla vita quotidiana del pescatore di
Sicilia e dell'Adriatico, dell'imprenditore marchigiano o del commerciante del
centro di Roma. Inoltre a soffiare forte sulla già incendiaria bagarre
elettorale contribuiscono quei movimenti politici che in questi anni hanno
dipinto l'Europa e la moneta unica come causa d'ogni oscurità sul pianeta –
magari, come nel caso dei 5Stelle, condendola con del complottismo antisemita
rispolverato direttamente dal peggio che la Germania ha prodotto negli ultimi
secoli.
Tale nuova concentrazione di aspettative e improbabili opinioni politiche
sul futuro dell'Europa non assicura però l'osservatore mediamente informato che
in questa tornata elettorale le cose si faranno per bene; in altri termini, il
fatto che le telecamere saranno certamente fisse sul voto non dice ancora nulla
sulla qualità dei candidati del partiti, sulla loro coscienza del momento
storico-politico e sui programmi di rilancio dell'Unione Europea. Ad oggi i
partiti italiani si limitano ad aderire alle liste che si vanno man mano
costruendo, non apportando quasi mai contributi rilevanti in termini di idee –
se non la stanca ripetizione di quei due o tre slogans economici sullo
sforamento del tetto del 3% e altre pretese di (sempre maggiore) spesa pubblica
che i più ripetono senza comprendere fino in fondo: Il PD aderisce al PSE, Lista
Civica aderisce all'ALDE, il Nuovo Centrodestra al PPE e così via.
Per cui a ben vedere anche stavolta, nonostante tutto il tran tran
mediatico, i partiti italiani si scoprono impreparati a reggere il confronto con
le dinamiche politiche d'oltralpe, con i progetti bi-nazionali, con l'Europa
delle lingue (oggi chi vuole essere classe dirigente deve parlare fluentemente
almeno 3 lingue straniere), dell'Erasmus e dell'integrazione tra culture –
facile e triste previsione – probabilmente a maggio si farà di nuovo la figura
degli “italioti”: manderemo a Bruxelles un'armata Brancaleone con scarsa
competenza ma soprattutto scarsissima visione politica. Mal che vada , invece,
invaderemo il parlamento con una truppa di pentastellati che hanno imparato
l'inglese dai filmati teosofici della Casaleggio&Associati. D'altronde
questo è solo l'ennesimo effetto del solito e oramai vecchio problema politico
italiano: lo sganciamento tra le filosofie politiche e i partiti come forme di
rappresentazione ideologica della popolazione. Cioè è lo svuotamento ideologico
dei partiti – lo stesso che gli ha fatto perdere il ruolo di corpo intermedio
tra la popolazione e il governo.
Ma nonostante tutto c'è da essere ottimisti: lo spirito di sopravvivenza
convoglierà i partiti verso le "grandi famiglie" europee di ampio respiro e che
ancora coltivano dei valori di riferimento (dalla tradizione popolare, al
socialismo, al conservatorismo, il liberalismo o l'autonomismo contrattualista –
peccato che la Lega abbia smesso di leggere il prof. Miglio); e, in secondo
luogo, la promozione del bipolarismo avvenuta con la nuova legge elettorale
disincentiverà la frammentazione dei piccoli leaders e costringerà i politici a
costruire prospettive di maggior visione culturale, come accade ovunque in
Occidente. Insomma: ancora una volta abbiamo bisogno degli Alleati che vengano a
rimettere ordine nel nostro paese. Branca, Branca, Branca!!!
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