Il cielo capovolto Quel che ho visto o sentito negli ultimi giorni mi fa sorgere il sospetto di essere un marziano catapultato in una galassia aliena. In primo luogo, pensando a un piccolo arrampicatore sociale, che ha a lungo beneficiato della mia disponibilità, sono quasi sospinto a credere che il soccorso disinteressato sia un atto dovuto. Già, un insieme di gesti da tributare a personalità confuse che si ricordano di un’esistenza soltanto allorché hanno un bisogno da soddisfare, e per le quali si può anche marcire in una cunetta, fra licheni e salici selvatici, tanto il mondo va comunque avanti. Rievocando uno dei racconti più crudi di Hugo, mi viene da definirli comprachicos, gente così priva di scrupoli che, pur di trarre un tornaconto, è disposta anche a “lavorare l’uomo come i Cinesi l’albero”. Adieu comprachicos!
In secondo luogo, ho notato che la stampa locale ha elogiato con enfasi da rotocalco le capacità organizzative di alcune associazioni giovanili che sono riuscite ad allestire una manifestazione, spacciata per notte bianca (!), che ha fatto convergere una massa ingente di persone nel corso principale della città. Notizia superficiale, dovuta a una considerazione istintiva o distratta dello stato effettivo delle cose. Quali sono i meriti dei sodalizi tanto celebrati? Sono fittizi, virtuali, privi di una sede e di regolamenti ufficiali. Sul fondo della loro ambiguità istitutiva, svolgono apparentemente funzioni di volontariato. In realtà si tratta di conventicole di disoccupati che traggono vantaggi della gratitudine dei mercanti del corso, che, nascosti dallo scudo benemerito ma falsario del no profit, incrementano gli interessi per la moltiplicazione prodigiosa degli avventori, e al tempo stesso sono esenti dal vincolo dell’occupazione di suolo pubblico. La consueta confusione fra pubblico e privato, sigillo mortifero del berlusconismo più pornocratico, che – ahimé – ancora persiste. Come se non bastasse, gli organizzatori hanno tradito le tradizioni locali, inscenando riti e mitologie salentine come se fossero tracce di un passato immaginario, e hanno conferito alla città un’anima contadina e cafonesca che non ha riscontri nella storia. Al limite potrebbe essere un triste presagio del domani.
In secondo luogo, ho notato che la stampa locale ha elogiato con enfasi da rotocalco le capacità organizzative di alcune associazioni giovanili che sono riuscite ad allestire una manifestazione, spacciata per notte bianca (!), che ha fatto convergere una massa ingente di persone nel corso principale della città. Notizia superficiale, dovuta a una considerazione istintiva o distratta dello stato effettivo delle cose. Quali sono i meriti dei sodalizi tanto celebrati? Sono fittizi, virtuali, privi di una sede e di regolamenti ufficiali. Sul fondo della loro ambiguità istitutiva, svolgono apparentemente funzioni di volontariato. In realtà si tratta di conventicole di disoccupati che traggono vantaggi della gratitudine dei mercanti del corso, che, nascosti dallo scudo benemerito ma falsario del no profit, incrementano gli interessi per la moltiplicazione prodigiosa degli avventori, e al tempo stesso sono esenti dal vincolo dell’occupazione di suolo pubblico. La consueta confusione fra pubblico e privato, sigillo mortifero del berlusconismo più pornocratico, che – ahimé – ancora persiste. Come se non bastasse, gli organizzatori hanno tradito le tradizioni locali, inscenando riti e mitologie salentine come se fossero tracce di un passato immaginario, e hanno conferito alla città un’anima contadina e cafonesca che non ha riscontri nella storia. Al limite potrebbe essere un triste presagio del domani.
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