La vita è esperienza, cioè improvvisazione, utilizzazione delle occasioni; la vita è tentativo in tutti i sensi. Donde il fatto, a un tempo imponente e assai spesso misconosciuto, delle mostruosità che la vita ammette
Georges Canguilhem



lunedì 8 agosto 2011

La carriòla




Fantasìa di un pomeriggio di mezza estate...


Di non molti giorni fa la non buona nuova sul più seguito rocker della musica italiana. Il sig. Rossi ha confessato di aver trovato la forza di tirare avanti in tutti questi anni di successo, clamore e musica, nei poco rocker psico-farmaci. Mi viene in mente un vecchio film hollywoodiano dal titolo Il viale del tramonto. Ma andiamo avanti. Ho trovato in questa confessione quella fragilità, quell’essere ‘umano’, quella voce piccola che poco si addice al rauco “Eh!”, che echeggiava tra le onde della radio di qualche anno fa. Curiosa impressione ritrovare in questa notizia l’essenza di un romanzo appena letto che pone la sua orbita sulla verità dell’essere soli, e sulla bramosia dell’adolescenza volata via nel vento delle età trascorse troppo in fretta.
Credo che ognuno di noi abbia la sua Casa in collina, ossia, un rifugio, un nascondiglio, un posto che si può soltanto visitare con la memoria perché la vita ha virato verso altri luoghi, altre strade, altri suoni. Cos’è che ha spinto il sig. Rossi ad anticipare la sua vecchiaia, ad abbandonare la sua musica dal vivo, l’incontro con i suoi imperituri ammiratori? Ha vissuto la sua vita attraverso gli eccessi della droga, le scorrerie dell’alcol, l’esasperazione del successo e… l’invadenza della solitudine. Un artista è sempre solo. Quando crea, quando inveisce, quando esprime la sua arte, quando elabora il suo ardore. Ma è solo. E quando lo intuisce è tardi, è trascorsa una vita senza che se ne sia accorto e allora tenta di riafferrare le fantasie e l’entusiasmo dell’adolescenza ma si perde mentre va alla ricerca della sua casa in collina. Eppure c’è quella casa, esiste quella collina, solo, il nocciolo che svettava lì in lontananza pare assorbito dalle pieghe del tempo e allora si perdono le certezze, la varietà della vita e dei discorsi intorno ad essa. “Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti” (C. Pavese, La luna e i falò). L’uomo è continuamente alla ricerca di se stesso e sa di potersi rintracciare nella stradina mal ridotta che conduce verso la propria collina lì, dietro quel casolare di campagna.

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