La vita è esperienza, cioè improvvisazione, utilizzazione delle occasioni; la vita è tentativo in tutti i sensi. Donde il fatto, a un tempo imponente e assai spesso misconosciuto, delle mostruosità che la vita ammette
Georges Canguilhem



mercoledì 7 gennaio 2009

Una metafora del nostro tempo

Sono numerosi gli elementi che inducono o possono indurre a pensare che il nostro geoide bizzarro non sviluppi una successione formalmente logica di eventi, di fatti nudi e crudi. Oggi non c’è campo per una nuova ideologia o per un disperato tentativo di rifondazione della filosofia della storia. Quell’ammasso variegato di eventi che è la storia non è il prodotto di un disegno, di un piano, di un progetto, di un’architettura. La storia non è un piano inclinato nella prospettiva di un telos, di un fine ultimo imperscrutabile. Se così fosse, il regista occulto delle nostre miserie sarebbe un criminale masochista. Coltivo questi pensieri tutt’altro che rassicuranti dai tempi del liceo, quando ho preso coscienza del fatto che la conversione dell’ideale in ideologia non sia mai pacifica o priva di conseguenze nefaste. L’ideale comunista sciolto dalla struttura ideologica regolamentatrice di militanze e schematismi da sezione di periferia, è tutt’altro che stomachevole. L’ideologia comunista è, invece, la formula delle purghe e dell’arcipelago gulag. L’ideale teocentrico è molto distante dalla mia concezione del mondo, così come è distante dal nostro mondo. Eppure, quell’ideale, svincolato dalle catene auree di un’ideologia teocratica, è un fine per cui una vita può essere legittimamente spesa, in un chiostro o in un centro sociale underground. L’ideologia teocratica è il manifesto dei roghi, della violenza inquisitrice, della caccia alle streghe.
L’ideologia ha fallito, i sistemi religiosi vacillano. Dalle fratture della modernità si elevano i flussi di inquietudini da sedare, alimento di derive nichiliste, senza approdi certi.
La Striscia di Gaza è una metafora del nostro tempo, uno specchio fedele di interrogativi che scatenano un’eco di bisbigli incomprensibili. Non c'è anamorfosi, inganno mediatico.
Non voglio giocare con le parole. Sarebbe un passatempo stucchevole oltre che sterile. Ma, credo che dietro la sofferenza palestinese e i timori israeliani ci sia il senso ultimo di una logica del non senso, codice normativo e descrittivo inscrivibile.

2 commenti:

  1. ciao...ho cercato di seguire il tuo discorso ma trovo che sia un po'troppo "filosofico" io la faccio molto più semplice: si vive nella "cultura" che quello che voglio me lo prendo e questo si applica sia se si è "semplicemente" uomini o istituzioni...non c'è un "non senso" per usare le tue parole ma semplice faccio quello che mi pare...ora devo correre a lavorare...

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  2. Grazie davvero per il commento. E' molto interessante ciò che hai scritto. In ogni modo, il fatto che ognuno faccia ciò che gli pare, agendo in vitù del proprio utile, conferma che, in generale, stili di vita, comportamenti e strategie sociali non seguano una cornice di senso, ovvero un'ideologia o un progetto esistenziale. L'ideologia è stata scalfita da tanti ideali asserviti all'utile. I missili lanciati da Hamas e l'avanzata delle truppe di terra israeliane non mirano affatto ad una soluzione irenica, in onore del bene (o interesse) comune. La Striscia di Gaza è un territorio privo di sovranità politica, è un microcosmo di disordine e intolleranza. Mi è sembrata un'immagine caricaturale della nostra società, in cui ognuno è davvero "homo homini lupus" per richiamare Hobbes, e dove la selezione naturale e la lotta per la sopravvivenza animate dallo spirito di conservazione non sono soltanto concetti biologici . . . Grazie davvero per aver espresso il tuo pensiero.

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