La rivolta della Signora della Danza
Il video è emblematico, intriso di significati decisivi per comprendere compiutamente la deriva della vita politico-culturale del Paese. La storia di Gianni Alemanno è nota a tutti: si tratta del frutto maturo di un’intera fazione politica, piuttosto improvvisata, di fascisti imborghesiti che, pur di raggiungere i piani più elevati del potere, hanno fatto il possibile per smarcarsi dal loro passato imbarazzante, diluendolo nelle tinte grigie della moderazione clericale. Da pugliese, è riuscito a vincere quasi per caso le elezioni comunali della Capitale. Il centrosinistra riuscì nell’impresa di designare come candidato di coalizione l’unico personaggio che poteva avere qualche chances di sconfitta. Un minestrone riscaldato indigesto per tutti. E già: Roma non è una città emiliana o umbra e le direttive di partito non vengono recepite pertanto dall’elettorato progressita o legato alle amministrazioni uscenti come una conditio sine qua non. Gli ex missini sono davvero distanti dalle valorizzazioni delle potenzialità culturali delle realtà sociali in cui operano, poiché continuano ad associare l’esperienza intellettiva ad un passatempo da intellettuali radical-chic, gente che vota per i partiti di sinistra e che storce il naso anche dinanzi allo Scudo Crociato. Per questa ragione, il loro slogan ideale è: meno concerti e conferenze, ma strade senza buche o più illuminate, o cose del genere. Il pragmatismo di Alemanno è incompatibile con la promozione pubblica delle arti. Roma si sta lentamente spegnendo. Un concerto di un cantante machista in Piazza Navona vale mille conferenze o mostre. La rivolta di Carla Fracci, la Signora della Danza, denuncia questo scarto. Alemanno l’ha cacciata dalla direzione del corpo di ballo del Teatro dell’Opera, senza preoccuparsi neppure di comunicarglielo de visu. L’ha fatto per far largo ai giovani, non annunciando che in realtà il sostituto prescelto è un sessantaseienne di fiducia. La Signora della Danza si scompone, rinuncia all’eleganza scenica del proprio passo per urlare una denuncia sociale.
Nessun commento:
Posta un commento