La vita è esperienza, cioè improvvisazione, utilizzazione delle occasioni; la vita è tentativo in tutti i sensi. Donde il fatto, a un tempo imponente e assai spesso misconosciuto, delle mostruosità che la vita ammetteGeorges Canguilhem
giovedì 20 maggio 2010
Moralmente parlando, i modelli hanno un che di impersonale. Sintetizzano l'esistenza dell'altro fornendo un quadro che di tutto sa men che di vero. Sono da considerare modelli tutte quelle conoscenze di cui disponi sulla vita di chi è distante; coloro di cui puoi dire di compatire o invidiare o ammirare qualcosa. Anche l'odio talvolta si riduce ad uno schema di pensieri ed azioni. Questi sentimenti hanno raramente per te un valore, da che il detto: ciò che non è nostro non ha valore. La vita degli altri e forse la tua si riducono in fondo a riassunti, alcuni davvero poco apprezzabili, tanto da essere dimenticati o quasi nei magazzini della memoria, come un quadro appeso in un corridoio o sul muro delle scale, qualcosa che vedi raramente e solo di sfuggita... un errore grammaticale su un assegno che foraggia chi sa apprezzare la tua superficialità. E da questa considerazione segue un pensiero, ovvero che se la tua vita si riduce ad un riassunto quasi del tutto impersonale, quasi che non ti appartenesse, come potresti mai preoccuparti dell'altro tu che a te stesso sei estraneo? Allora è vero o no, che solo chi ama se stesso può amare anche l'altro, o almeno imparare a farlo?
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Si tratta di una nota davvero intrisa di significati con i quali, il più delle volte, è difficile o costa fatica fare i conti. Senza dubbio, mi pare indiscutibile che la vocazione altruistica presupponga un equilibrio di fondo fra il dominio tirannico dell'Io e le follie del mondo. Soltanto chi accetta se se stesso e sta be con se stesso può coabitare civilmente con l'altro e magari spendersi un po' per la sua causa. Gli equilibri sono precari per statuto ontologico. E il dominio della personalità si alimenta sempre di nuove ragioni. Il risvolto della vocazione altruistica è il caso limite del cooperativismo ultrasocialista che annulla i meriti e demeriti appiattendo le anime su un unico livello, piuttosto basso. E' possibile una soluzione intermedia? Si puà conciliare il principio della sopravvivenza nella giungla postmoderna con l'amore disinteressato per l'altro? Si vedono davvero pochi santi ed eroi in giro... Ad ogni modo, sono grato a Mirza per aver offerto una preziosa occasione di riflessione.
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