C’era una volta Titano, un medico di campagna che riuscì ad asservire ai comodi propri e della propria famiglia un’intera regione, per quanto piccola sia. Il gioco ha funzionato per più di 10 anni. Il suo regime era molto pervasivo: non mancavano funzionari fiduciari, vassalli e valvassori, in ogni paesotto, finanche in quelli più nascosti fra le montagne. Il governo dei maiali di Orwell ne è una rappresentazione plastica, tutt’altro che caricaturale. Titano ha mangiato l’intera regione, senza che l’irrefrenabile ingordigia causasse reflussi gastroesofagei. Perché i sudditi vincessero l’intorpidimento causato dall’assuefazione (favorita dalla stampa e dalle TV locali) doveva consumarsi un decennio di miserie e di impoverimento morale e materiale della comunità. Così, un anno fa hanno iniziato a ribellarsi: non hanno accettato l’asservimento della terza città della regione alla sorella di Titano, e hanno voltato le spalle ai maiali nei centri più popolosi. Titano è riuscito a resistere per una manciata di voti, raccolti in località dimenticate da Dio, dove le notizie arrivano quando è sempre troppo tardi.
Poi la TV nazionale ha denunciato i suoi orrori, rendendo frustante il sentimento di vergogna covato a lungo da quanti hanno saputo resistere al dolce canto delle sirene, dietro il quale Titano celava le bramosìe inconfessabili della sua cricca spensierata. Pochi giorni fa il Consiglio di Stato ha abbattuto il governo dei maiali. Quel che ne resta è lo sterco nei palazzi e nelle piazze. Ma l’aria è già più fresca.
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