La sua sospensione ha il carattere dell’intimidazione preventiva, espressione nitida di un’arroganza incensanta da cronisti compiacenti e da conduttori cortigiani. La tolleranza liberale della satira può essere intesa come uno strumento di valutazione delle libertà garantite dalla cassa risonanza governativa. Il regime dei berlusconiani non può tollerare le ingerenze, le domande scomode, l’autentica libertà di manifestazione pubblica di un’opinione, fosse anche irriverente; motiva il suo interventismo nei fori delle libere coscienze appellandosi a processi fantomatici di salvaguardia della Moralità, del pudore di Signora Decenza. È un trucco indecente, proprio del puttaniere che intende mostrarsi, uscendo da una basilica, in seguito alla messa domenicale, come il buon padre di famiglia. È difficile non richiamare alla memoria l’editto bulgaro del 2002. Si tratta di comportamenti recidivi, banausici e banali per le ripetizioni meccaniche che li motivano. È difficile non porre il casus della mortificazione che dovette subire Enzo Biagi, accusato di essere un criminale della comunicazione. È difficile non tornare indietro negli anni e risollevare la dignità con cui l’esimio Montanelli consacrò la propria libertà sull’abdicazione della direzione del Giornale, prima che quest’ultimo fosse snaturato nella Pravda berluscomica. È difficile non immaginare che i deliri di onnipotenza dei governanti delle libertà possano incatenare la lingua di qualche altro spirito libero.
La sospensione di Vauro mi fa venire in mente quelle esplusioni generose che a volte gli arbitri danno ai calciatori per fallo inesistente. Eccesso di zelo o soluzione programmata di partite truccate? Mah!
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