La vita è esperienza, cioè improvvisazione, utilizzazione delle occasioni; la vita è tentativo in tutti i sensi. Donde il fatto, a un tempo imponente e assai spesso misconosciuto, delle mostruosità che la vita ammette
Georges Canguilhem



domenica 12 aprile 2009

I trafficanti farisaici della poesia


Ho sempre cercato, nei limiti delle mie possibilità, di promuovere le inclinazioni autentiche che caratterizzano la personalità delle persone che sono presenti nel mio entourage sociale. Ho sempre incitato la coltivazione delle passioni individuali. Ho incentivato progetti di autovalorizzazione dell’anima. Tutto ciò ha una ragione precisa. Sono un sostenitore di una concezione greca della felicità, in virtù della quale l’eudaimonìa è, nella nostra epoca delle tristi passioni, un antidoto efficace contro il contagio della svalutazione di tutti i valori (premessa alla dilatazione del deserto emotivo e all’inadirimento del cuore). In definitiva, sono convinto che la condizione del benessere psicofisico sia riconducibile, in ultima analisi, all’affermazione piena del daimon individuale, piuttosto che alla ricerca esasperata del senso, che ci è stata inculcata dalla nostra formazione giudaico-cristiana. Il daimon è ciò che si è, la propria virtù, il proprio talento.

Per queste ragioni, ho sempre sostenuto con convinzione di causa la creatività poetica di una mia amica. Si tratta di un’artista dotata indubbiamente di talento e di una vivida fantasia. L’ho sempre incoraggiata. Sono stato il lettore privilegiato ed esclusivo, per diversi anni, del romanzo della sua anima. Non volevo, in ogni modo, che la sua arte fosse destinata esclusivamente a promuovere il mio piacere intellettuale. Lo consideravo un abuso insopportabile, un onore immeritato. Le ho detto di creare per il mondo, riconoscendo in lei un architetto della bellezza. Condividiamo la passione per gli stessi poeti. Leggiamo Alda Merini ed altri cantori di Dio. Mi ha dedicato una splendida poesia che mi ha fatto sciogliere in un lago amaro di commozione: Poeticare.

È così che le ho detto più volte: “Devi assolutamente partecipare ai concorsi”, “Qualcuno prima o poi non potrà non notarti, ne sono certo”. Nell’estate di qualche anno fa, abbiamo conseguito il primo riscontro, un terzo posto e una pizza offerta. La invito ad insistere, a perseverare. Mi segue. Oggi l’ho incontrata per gli auguri pasquali. Mi ha detto di essere stata esclusa dalla premiazione di un concorso su cui avevamo riposto le nostre attese. Abbiamo scoperto che il vincitore è un tal Tizio, collaboratore ed amico di vecchia data del Caio organizzatore. Tizio ha tradotto un’opera di Caio dall’italiano in una lingua sconosciuta ai più: l’ha fatto per passatempo culturale, per riempire le giornate di senso e scendere dalle nuvole olimpiche. Sul sito di Caio c’è addirittura un link al blog di Tizio. Il concorso prevede un unico vincitore. Non poteva non essere Tizio. L’anno prossimo toccherà magari a Sempronio, che quest’anno si limita a figurare fra gli Alti Giurati, Sacerdoti della Poesia. In definitiva, è come se bandissi un concorso saggistico su Pieghe Libertarie, coinvolgendo fra i responsabili delle selezioni Federica Passarelli, il prof. Nonsochè, il dott. Taldeitali e qualche altra comparsa, e conferissimo, a nostro giudizio insindacabile, il lauro e i riflettori ad Anonimo Nonsochè.

Tizio e Caio sono due figurazioni dei trafficanti farisaici della cultura. Si tratta di eruditi, topi di biblioteca, che devono ricorrere a messinscene gesuitiche per comparire sui giornali ed arricchire un curriculum che sarà dimenticato anche dai loro nipoti. Sono patetici. Violano la seconda formula dell’imperativo categorico kantiano (“Agisci in modo di trattare l’umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo”). Tizio e Caio si sono serviti della mia amica e di altri ragazzi per allestire un teatrino delle marionette. Non lavorano per la cultura, vivono per il loro vano narcisismo, infuocato dalla consapevolezza indicibile del fatto che la loro vita ricurva su libri e fogli volanti non si convertirà mai in un lemma di enciclopedia.

Scosso da questa disavventura degli equivoci, ho ancora la forza di invitare la mia amica a tentare ancora di affermare, su altri palcoscenici, il proprio daimon.

4 commenti:

  1. Devo dire che c'è davvero poco di cui meravigliarsi. Questo è il paese del paraculismo e della scempiaggine più smodata. Lo sconcerto è ancora più forte se si tiene conto del fatto che non resta fuori dal gioco sporco de 'la buona parola' neanche il settore dell'arte, della poesia: ormai nulla può tenersi fuori dalla prostituzione sociale. Disastro culturale di un povero paese senza scampo.
    Max

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  2. Condivido pienamente il tuo post. Hai reso davvero bene l'idea della povertà culturale che attanaglia alcuni miseri ometti dalla materia grigia sconclusionata, i quali, pur di avere un pò di notorietà ricorrono a stratagemmi e mezzucci ridicoli a cui nemmeno i bambini, oggi così evoluti, farebbero ricorso. E' un vero strazio rendersi conto che siamo circondati da una muraglia di teste fasulle.
    Ad majora.

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  3. E' un vero skifo. non danno mai ai giovani la possibilità di emergere. Vorrei proprio conoscerlo qst poveraccio ke si affida al concorso indetto dall'amico! un fallito!!! ke altro può essere?
    Mi dispiace tanto per la tua amica. Però penso che se veramente è brava riuscirà in qualke altro concorso più serio.
    ps:l'immagine dell'articolo è fikissima!

    Girasole '89

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  4. Semplicemente scandaloso. C' è in giro gente che vuo dare l'impressione di fare cultura, quando invece cerca di affermarsi a livello sociale mostrandosi in quel modo. Penso purtroppo che ciò sia abbastanza generalizzato.-

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