La vita è esperienza, cioè improvvisazione, utilizzazione delle occasioni; la vita è tentativo in tutti i sensi. Donde il fatto, a un tempo imponente e assai spesso misconosciuto, delle mostruosità che la vita ammette
Georges Canguilhem



giovedì 8 ottobre 2009

Deserti, predicatori folli e i titoli di coda


Sono riuscito a trovare un posto sulla corriera che mi riporterà a casa liberandomi finalmente dai colori nordafricani di Roma, ancora stretta dai lacci dell’estate. Sono particolarmente stanco, dacchè i miei pensieri sono del tutto imbrigliati in un ingorgo di traduzioni mai definitive. Lemmi su lemmi definiscono il senso di un progetto su cui ho investito tutte le mie possibilità da tre soldi (briciole per avvoltoi delle Ande) mettendoci la faccia e rinunciando all’opportunità di eventuali escamotages di salvataggio. Detesto le scorciatoie perché sottendono trucchi. La corriera è stracolma di anime. Il treno delle 7.07 sembrava una metropolitana della City impegnata nell'esecuzione delle sue mansioni nell'ora di punta. Qualcuno mi ha spiegato che nel corso della giornata si è svolto un appuntamento al Palalottomatica dedicato al (dis)orientamento universatario. Ho l’impressione che la maggior parte dei ragazzi che ho incrociato sia stata coinvolta da quell’appuntamento. Gente che vuol capire quel che non si può capire e che nessuno – neppure il miglior docente universitario – può provare a spiegare. Come far comprendere lo smarrimento, la confusione, le incertezze che attendono quei ragazzi? Il pensiero non sempre fa bene alla vita. La loro spensieratezza da gitanti (o gitani per certi versi) pertanto mi convince. Mi sembra lo spirito giusto per iniziare ad attraversare il deserto.

Per associazione di idee, le folle in cui mi sono smarrito in questa giornata di decadenze mi hanno fatto riflettere su un episodio che mi è capitato di osservare la settimana scorsa. Testimone dell’errore e dell’orrore. Mi trovavo nell’ambulatorio di ortopedia per una delle infinite visite di controllo che mi sono state prescritte nel periodo di convalescenza seguito al grave incidente stradale dello scorso agosto. Routine della noia e della rassegnazione. 4 ore di attesa per stare con l’ortopedico per 4 minuti e ricevere un sorriso, sentendomi dire: “Sta benone, è tutto passato, il dito poi è venuto anche dritto . . .”. Nell’attesa ho divorato un romanzo. Nei momenti di pausa che mi sono concesso mi fermavo ad osservare con attenzione la massa variegata di gente che consumava l’ossigeno nella stanzetta d’attesa – priva di finestrelle – che sembrava davvero un vagone merci per destinazioni ignote, gente che mi faceva sentire affamato non solo di comprensione, ma anche d’aria. L’ordine di accesso ai locali degli ambulatori segue la logica della precedenza in relazione alla sequenza delle consegne delle cartelle cliniche o delle prescrizioni sanitarie. Semplicissimo e razionale. Ad un certo punto, viene chiamato un bambino di origine marocchine; si trascina il piede gonfio, accompagnato dal padre e dallo zio. Poi è il turno di una grassissima zingara che fa sventolare la sua vistosa gonna variopinta per tutto il corridoio. Il tintinnio degli ori annuncia il suo passaggio. Non appena l’infermiere di turno urla per il corridoio il cognome gitano, un vecchio ingobbito e dai baffi sabuadi inizia a sbuffare come una locomotiva dei primi anni del XIX secolo. “Ma vedi un po’ se è mai possibile che arabi e zingari so' meglio di noi. Madonna mia, a cosa siamo arrivati…”. Mio caro predicatore folle, non so se arabi e zingari siano davvero megliori di noi, forse sono come noi. Ho la certezza però che siano davvero preferibili a lei, caro fascistello, eppure - deve sapere - non è affatto, in definitiva, un'impresa disperata… Quel vecchio baffuto è lo specchio fedele dell’Italia di B & B, fucina di intolleranze e di clausure razziste.

La sentenza della Corte Costituzionale ha calato il sipario sul baraccone del gran prestigiatore. Il trucco gli sta ormai colando solcando le infinite rughe svelando ciò che ormai è davvero chiaro a tutta la stampa nazionale e che magari inizia ad esser chiaro - senza la possibilità di cascare in nuovi giochetti da commediante di terza fascia - anche a qualche italiano. Si sente assediato, è fragile, attacca disperatamente per attivare la reazione propria dell'animale selvatico che sia stato prese a bastonate. Se la prende col Presidente della Repubblica, con la stampa, con la magistratura, con gli insetti, persino con la Rosy Bindi (che fra l'altro - fatte le dovute correlazioni- è più sexy di lui). Barricate bolsceviche lo mettono alle strette, povero uomo. La schiera dei burattini (Capezzone, Bondi, Cicchitto, Quagliariello, il maestoso Gasparri, e tante altre comparse stipendiate da proscenio) si affanna per difendere il Gran Burattinaio dai tirimancini dei soldatini rossi magari raggiungendo così l’orgasmo entusiastico (senza dover ricorrere a veline, letterine e altre troiette varie). Si affanna perché è ormai chiaro anche a loro che qualcosa sta davvero cambiando nel comune sentire del Paese. Il Commediante Corruttore Provato sostiene che le sinistre dei comunisti fondano le loro fortune sull’uso politico della giustizia. Omette di aggiungere che lui, proprio lui, è il maestro impareggiabile nel promuovere l’uso politico dell’ingiustizia.

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