Afta
Se ci attenessimo alla consultazione di un buon dizionario medico, dovremmo riconoscere che l’afta è una lesione della mucosa orale consistente in una vescicola che presto si apre per dar luogo ad un’ulcerazione ovale di colore grigio-giallastro. È dolorosa (per via del bruciore che causa) e può comportare fastidi sia all’alimentazione sia alla fonazione. La guarigione avviene spontaneamente in 10-15 giorni, anche se le recidive sono molto frequenti. A volte le lesioni aftose tendono ad estendersi in superficie e in profondità, raggiungendo così dimensioni notevoli; in quei casi la gaurigione avviene più lentamente con esiti cicatrizzanti. Le cause del fenomeno sono sconosciute: esiste una predisposizione ereditaria e possono rivelarsi decisivi forti stimoli emozionali. L’afta è il segno della mia esistenza, prova tangibile della reciproche interferenze vigenti fra ciò che l’anima patisce e il modo in cui il corpo agisce, ribellandosi furiosamente. Sono nato per caso in un centro urbano che ha la configurazione paesaggistica e morale di una terrificante e velenosa afta estesa alla base di un dente cariato. Quando avevo ancora pochi mesi fui oppresso da spaventosi stati febbrili attestati sulla temperatura corporea di 40°. Un infante in fiamme che urla per un dolore sconosciuto, causato da un male invisibile. Il pediatra faticò non poco a pronunciare la condanna di un’esistenza: afta. Da allora il ciclo di un percorso esistenziale è scandito da ripetizioni cicliche (maledettamente puntuali) di violente stomatiti aftose. Sembra una maledizione celeste per farmi tacere o magari dimagrire. In realtà, si tratta più banalmente di uno sfogo che ha la connotazione di un dolore bruciante, fiammeggiante, acuto. Non è un caso, infatti, che ogni qual volta la mia bocca avviluppa quell’orrore biancastro c’è sempre a monte una ragione esistenziale. Il corpo è una macchina che non è regolata dal caos. Non basta uno spirito ribelle. C’è anche l’insurrezione degli umori corporei, rivolta dell’organico per vincere le frustazioni dello spirito. L’afta è un segno. Da una parte, induce a ricordare di non chinare mai il capo, dall’altra, invece, sta a significare che la vita è sperimentazione e che non tutti gli incontri giovano all’individuo. È compito della ragione distinguere gli incontri positivi (che danno gioia ed incrementano la potenza d’agire) da quelli tossici, che avvelenano la bocca, decomponendo l’anima come uno straccio steso ad asciugare al vento impetuoso della sera. Ad ogni modo, come tutti sanno, al di là del bene e del male, tradendo le vocazioni più genuine dell’inclinazione morale, la ragione può errare. Si può, in definitiva, idealizzare l’esistente e dare per scontato ciò che non è affatto scontato. Questa è la radice oscura dell’afta. Mi pare evidente che non possa essere menzionata dal dizionario medico. So sulla base degli urti subiti dall’organismo, che le cose stanno così. Di qui il bruciore infernale, che par anticipare il precipizio del cuore nelle valli crepuscolari del rimpianto.
L'afta ha senz'altro contaminato la tua vita quale segno del disagio esistenziale che bussa alla porta, più costante e ostinata di un agente dell'agenzia delle entrate americano.
RispondiEliminaDio maledica l'afta, l'agente che riscuote senza ritardo ogni presagio di un tentativo di dimenticare in che razza di società viviamo e del modo in cui si fa beffe dei sofferenti tentativi d'essere felici (o perlomeno sereni).