La vita è esperienza, cioè improvvisazione, utilizzazione delle occasioni; la vita è tentativo in tutti i sensi. Donde il fatto, a un tempo imponente e assai spesso misconosciuto, delle mostruosità che la vita ammette
Georges Canguilhem



venerdì 12 febbraio 2010

La carriòla

L'ideale perduto di un Paese ideale


Giovedì, 11 febbraio
Mi piacerebbe poter scendere dal treno in corsa della mia convinzione. Tirare il freno, guardare fuori dal finestrino e osservare un paesaggio nuovo, immerso nella vegetazione più viva e luminosa. Eppure il treno prosegue la sua corsa, o piuttosto, la sua rincorsa verso l’insostenibile, l’inquieto, l’indicibile. Non c’è più una vegetazione folta neanche nella mia più remota immaginazione e ciò che si rispecchia sul finestrino del treno è proprio il profilo angusto della realtà più nera.
Il Paese dei santi, dei poeti e dei navigatori si confonde con l’ombra di un altro paese, quello dei corrotti, dei corruttori, dei baciapile, dei truffatori, dei ladri e degli approfittatori.
Qualsiasi categoria ormai è infranta dalla vergogna dei propri rappresentanti. Mi sembra non ci sia più scampo. E come se questo paese sia completamente sottomesso ai fantasmi dell’inganno. Fateci caso, l’onesto cittadino è continuamente tratto in inganno, e non parlo solo ed esclusivamente dell’inganno scaturente dall’infausto operato politico: questa, ormai è una certezza talmente usurata che pare quasi comico sostenere il contrario. Mi riferisco all’inganno che si consuma senza tanto pudore anche in altri ambienti, come quello ospedaliero (di routine è il falso medico, il falso dentista e Dio non voglia!, il falso chirurgo), quello degli asili nido, ai quali una madre pensa di poter affidare la custodia del proprio piccolo per poi scoprire che forse sarebbe stato più sicuro tra le mura di casa dove non avrebbe potuto raggiungerlo la follia violenta di una falsa maestra d’asilo. La parola d’ordine è: inganno. Persino nella ricostruzione di una città terremotata si è fatto strada l’inganno. Questione d’appalti truccati, di esperti approfittatori dell’evento disastroso e di giudici indagati. Ecco, ho sempre provato un certo – passatemi il termine – schifo per una categoria in particolare, quando anch’essa ha inteso perdersi nell’inconfondibile pozzo della corruzione. I giudici corrotti sono il peggio che possa esistere, perché il garante dell’imparzialità, il garante della giustizia, chissà perché, l’ho sempre immaginato come un essere superiore che, elevandosi al di sopra delle parti, incutesse rispetto e timore. La fiducia s’è frantumata cadendo sulla lastra d’acciaio dell’ipocrisia. Anche quella nelle nuove generazioni, che nell’ispirarsi alla stupidità nascosta dietro il buco della serratura, ritiene interessante crearsi un piccolo fratello all’interno delle mura domestiche e si mette in posa (scegliendo spesso quella più volgare) davanti all’occhio indiscreto di una telecamerina casereccia nascosta tra le bambole e i giornaletti. È questa l’immagine desolante che si scorge nella sfera che scruta il futuro?
Mi piacerebbe poter scendere dal treno in corsa della mia convinzione, tirare il freno e…

Venerdì, 12 febbraio

Stamattina guardando fuori dalla finestra di casa mia ho potuto ammirare, con sommo stupore, un paesaggio innevato estremamente inconsueto, almeno per me che vivo in un paese vagamente restio alla possibilità meteorologica della silenziosa coltre bianca. Che strana sensazione di pace ovattata. Ho un paesaggio del tutto nuovo da osservare al di là del vetro. L’occasione buona per dimenticare, nascondendola sotto la neve soffice, la mia turbata convinzione che il poeta per eccellenza esprimeva con le parole nave senza nocchiere in gran tempesta non donna di province ma bordello.
Si scioglierà presto questo biancore candido che riflette tutto intorno. Ma per oggi posso immaginare che quei delicati batuffoli di cotone hanno fermato, anche per un solo giorno, la marcia pazza del mio treno in corsa.

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