La vita è esperienza, cioè improvvisazione, utilizzazione delle occasioni; la vita è tentativo in tutti i sensi. Donde il fatto, a un tempo imponente e assai spesso misconosciuto, delle mostruosità che la vita ammette
Georges Canguilhem



venerdì 26 febbraio 2010

La carriòla
La quiete dopo...


Passata è la tempesta:
odo pace nella testa, e la melodia
ritornata per la sua via,
che non ripete il suo verso. Ecco, il piemontese
non rompe più là dalla riviera di ponente, al popol d’Italia;
si scopre la mannaia,
e più chiaro all’orizzonte il futuro appare.
Ogni cor si rallegra, in ogni lato
risorge il colorito
torna l’abitudine usata.
Il fruttarolo a mirar l’umido cielo
col frutto in man ratto al lancio
si sporge in avanti; a prova
s’allontana il pupettino che rincorre
il tron mai cavalcato;
e il giocator rinnova
di tappeto in tappeto
la puntata giornaliera.
Ecco il sol che ritorna, ecco sorride!
per le città e le campagne. Apre i balconi,
apre terrazzi e logge la famiglia:
e, dalla via corrente, odi lontano
tintinnio di catene; quelle che stringon di forza
l’infausto propositor dell’imbarazzante
canto sanremese.

E si rallegra ogni core…
Ma sì dolce, sì gradita
com’era prima questa vita?
Quando con tanto clamore
l’uomo insensato non si faceva presente?
Or torna di nuovo? o cosa vuol intraprender?
Quando de’ mali suoi men si ricorda?
Figlio di padri snaturati
sovrani vani, che son frutto
del passato non tanto andato, onde si scosse
e paventò la morte
chi la vita non sacrificò alla corona;
onde in lungo tormento,
fredde, tacite, smorte,
sudar le genti e palpitar, venendo
lasciati al proprio destino, abbandonati
alle offese e al tosto nemico.

O principe scortese,
con questo ripaghi le offese,
questo il diletto
che tu porgi ai mortali. Uscir dai
gangheri non è diletto fra noi.
Ma se tu pene spargi a larga man;
il duolo spontaneo sorge: e di piacer
quel tanto che la musica ci lascia
goder, tu non profanar, chè è per te
gran guadagno, si sa. E quell’ominide strano
che t’è caro compagno di clamor beffardo,
torni nella sua culla del piccolo cantor ignoto;
ben fece l’orchestra se gli spartiti in aria lanciò;
e noi assai felici sarem se ritornar tra i prati d’oltralpe vorrai
così nessun altro dolor procurerai.
E beato sei te che d’ogni vuoto mental
l’effige sovrana ti sa risanar.

Nessun commento:

Posta un commento