La vita è esperienza, cioè improvvisazione, utilizzazione delle occasioni; la vita è tentativo in tutti i sensi. Donde il fatto, a un tempo imponente e assai spesso misconosciuto, delle mostruosità che la vita ammette
Georges Canguilhem



sabato 28 febbraio 2009

“Un altro infelice . . . ”



Sono reduce di una giornata molto impegnativa, consacrata alla coltivazione dei miei interessi e alla valorizzazione delle ricerche bibliografiche che conduco da ormai diversi mesi. Ho rivisto a distanza di diverse settimane volti ormai cari, che porterò sempre con me. Non dimentico mai un volto, qualunque esso sia; per non condannarlo all’indifferenza o all’oblio mi è sufficiente fissarlo per qualche minuto, dialogando. L’aula 10 di Villa Mirafiori alle 9.30 era ancora deserta, in stridente contrasto con i corridoi e le piazzole esterne animati dalle attese dei parenti dei nuovi dottori. Dopo pochi minuti accoglierà non più di una decina di appassionati culturi di filosofia, pronti a seguire dotte disquisizioni sulle declinazioni problematiche seguite dal pensiero di Leibniz. Due i relatori, studiosi importanti. Ho costruito la mia comprensione del leibnizianesimo, i miei castelli ermeneutici sul fondamento anche dei loro studi. Il moderatore del seminario si mostra talmente cortese da presentarmi ad entrambi i relatori. Il primo mi ignora beatamente. Il secondo si mostra, invece, più interessato alle mie ricerche, al soggiorno di studio in Sassonia, ai progetti aleatori che dovrebbero dare un senso ai prossimi mesi o anni. Interrompe la presentazione. Mi fissa. Gli sguardi si incrociano. Sorride. Ricambio. Dice: “Ecco, abbiamo un altro infelice”. Resto a guardarlo perplesso, del tutto incapace di formulare una replica sensata o ragionevole.
Sono molto stanco. Fra pochi minuti il mondo si annichilirà per me. Non ci saranno più il papa, Berlusconi, la mia gatta, i miei libri, i lampioni accesi, la foschia notturna. Fluttuerò intorno al tentativo ludico e vano, passatempo oscuro da notte di fine inverno, di dare un senso a quella frase, che ormai mi frulla in testa da stamattina. Non credo nelle profezie. Quindi potrei dormire tranquillo. Eppure, un sospetto mi lascia intendere che ci sia in quella frase un elemento atomico di verità difficile da confessarsi. Forse è preferibile dormire per poi risorgere.

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