La vita è esperienza, cioè improvvisazione, utilizzazione delle occasioni; la vita è tentativo in tutti i sensi. Donde il fatto, a un tempo imponente e assai spesso misconosciuto, delle mostruosità che la vita ammette
Georges Canguilhem



martedì 2 marzo 2010


Sia pace per le aurore che verranno,

pace per il ponte, pace per il vino,

pace per le parole che mi frugano

più dentro e che dal mio sangue risalgono

legando terra e amori con l'antico

canto; e sia pace per le città all'alba

quando si sveglia il pane, pace al fiume

Mississippi, fiume delle radici:

e pace per la veste del fratello,

pace al libro come sigillo d'aria,

pace per il gran kolchoz di Kiev;

e pace per le ceneri di questi

morti, e di questi altri morti; sia pace

sopra l'oscuro ferro

di Brooklyn, sia pace al portalettere

che entra di casa in casa come il giorno,

pace per il regista

che grida nel megafono rivolto

ai convolvoli, pace per la mia

mano destra che brama soltanto

scrivere il nome di Rosario, pace

per il boliviano segreto come

pietra nel fondo d'uno stagno, pace

perché tu possa sposarti; e sia pace

per tutte le segherie del Bío-Bío,

sia pace per il cuore lacerato

della Spagna partigiana:

sia pace per il piccolo Museo

di Wyoming, dove la più dolce cosa è un cuscino con un cuore ricamato,

pace per il fornaio e i suoi amori,

pace per la farina,pace per tutto il grano

che deve nascere, pace per ogni

amore che cerca schermi di foglie,

pace per tutti i vivi,

pace per tutte le terre e per le acque.



E ora qui vi saluto,

torno alla mia casa, ai miei sogni,

ritorno nella Patagonia, dove

il vento fa vibrare

le stalle e spruzza ghiaccio

l'oceano. Non sono che un poeta

e vi amo tutti, e vago per il mondo

che amo: nella mia patria i minatori

conoscono le carceri e i soldati

danno ordini ai giudici.

Ma io amo anche le radici

del mio piccolo gelido paese.

Se dovessi morire mille volte,

io là vorrei morire:

se dovessi mille volte nascere,

là vorrei nascere,

vicino all'araucaria selvaggia,

al forte vento che soffia da Sud,

alle campane comprate da poco.

Nessuno pensi a me.

Pensiamo a tutta la terra, battendo

dolcemente le nocche sulla tavola.

Io non voglio che il sangue

torni a inzuppare il pane,

i legumi, la musica:

ed io voglio che vengano con me

la ragazza, il minatore,

l'avvocato, il marinaio,

il fabbricante di bambole e che entrino

con me in un cinema e che escano a bere

con me il vino più rosso.



Io qui non vengo a risolvere nulla.



Sono venuto solo per cantare

e per farti cantare con me.


Pablo Neruda (Parral, 1904 - Santiago, 1973)

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