« Volevo maledire i miei occhi encefalitici,
ma non maledissi nulla,
perché la mattina era bella e c'era pace nel mio cuore. »
(Emanuel Carnevali, Castelli sulla terra - Le montagne)
Scrive quando può, nei rari momenti in cui non è impegnato a tenere pulito il Lincoln Park, quando non è costretto a lavorare come uno schiavo nelle sale da pranzo e nelle cucine di noti ristorati e alberghi, quando l’encefalite letargica permette di farlo.
Dimenticato dalla critica e dal pubblico, ha lasciato un piccolo, tagliente e forte segno nella letteratura americana del Novecento. Ma se altri poeti dopo la scomparsa hanno riscattato l’indifferenza patita da vivi, a Carnevali, per molto tempo, non è stato concesso nemmeno questo gesto di gratitudine per ciò che ci ha lasciato, per quei brandelli di vita tradotti in poesie simili a rose recise, fiori bellissimi. Oggi I racconti di un uomo che ha fretta, ventisette anni dopo l’uscita de Il primo dio, vanno con giustizia a colmare tale grave mancanza.
Potente e disperato al tempo stesso, l’anima che vibra mentre il corpo si lascia morire, ricordo bene il trasporto emotivo con il quale lessi la prima volta le poesie di Emanuel Carnevali, ricordo le lacrime trattenute a stento, ricordo la tristezza e la rabbia dopo averne letto la biografia, tutto sommato era un ragazzo, quasi la mia stessa età.
Parole vomitate su un foglio, scritte per non soccombere alla vita, Parole forti che vanno a segno profonde come lame fredde e sottili.
Quartiere generale del dolore - In grigio
Il giorno mi pesa addosso come una tonnellata di fumo.
Le cose già fatte sono
cadaveri che riempiono di fetore
le stanze grigie dei miei ricordi.
Il futuro è una fila di
bambini nati morti.
La pozza dell'oblio è fangosa.
Solo ricordi in lenta marcia
avanzano lungo la strada dell'oggi.
Cielo grigio
per ridestarmi un momento.
Ma un sonno tetro è il programma per oggi:
sonno che sale dal cuore come un gas nero.
Io so che per avere dormito a lungo i morti hanno ripreso forza.
In giorni come questi
spalancano a calci le loro tombe
e ne balzano fuori con eleganza.
Sussurrano orribili segreti
l'uno all'altro e a me.
Portano i loro sudari e
li scuotono animosamente.
O Divinità del terrore e della malinconia
vienimi in aiuto!
Ho ancora baci sfioriti per te,
baci che non voglio buttare via perché sono molto povero,
distaccami dai miei ricordi.
Essi mi inquietano tanto che il sonno sussulta e fugge,
sussulta e fugge.
È anche e soprattutto così che si fa cultura, presentando poeti o scrittori, artisti vinti dalla storia. È innegabile che la letteratura bohemien e variamente “maledetta” porti con se un invincibile alone di fascinazione. Non nego l’evidenza: non avevo mai sentito nominare Carnevali prima che Vincenzo me lo avese presentato per la prima volta in una sera uggiosa di fine inverno. Sono molto contento di trovare un omaggio al poeta emigrante su Pieghe. Un ringraziamento sincero a Vincenzo, per il suo significativo esordio come autore.
RispondiEliminaMi sembra di capire che Carnevali lo senti molto tuo, come se nei suoi testi tu ritrovi qualcosa di te . . . è così vincenzo? francesco dice che è letteratura maledetta, non ti facevo un tipo "bohemien"... cosa ne pensi?
RispondiEliminaCiao, il mio post su E.Carnevali vuol essere un omaggio ad un poeta la cui storia m'ha commosso e le poesie emozionato.
RispondiEliminaSai, non sono un tipo "bohemien" nel senso che il mio stile di vita non assomiglia neanche lontanamente a quello di personaggi come Emanuel Carnevali, Rimbaud, Dino Campana ecc. Sono un ragazzo normale con una passione sfrenata per l' Arte.
Trovo i versi della poesia "Bohemien" simili a derive dell'anima, fantastici,vibranti, immaginifiche visioni alterate della vita messe nero su bianco ma leggo anche altro con la stessa passione.
Qualsiasi persona con un minimo di sensibilità non resta indifferentead espressioni poetiche come questa:
"Ho ancora baci sfioriti per te,
baci che non voglio buttare via perché sono molto povero.."
Spero di aver soddisfatto la tuà curiosità.
Ciao e grazie