La vita è esperienza, cioè improvvisazione, utilizzazione delle occasioni; la vita è tentativo in tutti i sensi. Donde il fatto, a un tempo imponente e assai spesso misconosciuto, delle mostruosità che la vita ammette
Georges Canguilhem



lunedì 14 settembre 2009

Invito alla lettura di What a Carve Up!
di Jonathan Coe



L'opera richiederebbe diverse ore di tempo per poter essere presentata degnamente. Purtroppo diverse faccende impongono la definizione di una presentazione più scarna che, in nessun modo, intende essere una soluzione sbrigativa o superficiale, fatta soltanto per salvare le apparenze. Nelle opere di Jonathan Coe si svela il volto autentico dell'Inghilterra e - in particolar modo - di Londra, spoglio delle facili mitizzazioni da agenzia turistica che sono diffuse con disinvolutura dai media. Cartoline interessate. A pochi passi dalle arterie centrali della City si sviluppano nella nebbia vie e parchi intristiti dalla foschia che difficilmente potrebbero essere frequentati con spensieratezza nelle ore serali. Versione vagamente più elegante delle più squallide realtà deturpate della provincia italiana. In questo senso, i romanzi di Coe denunciano sempre delle disfunzioni sociali.

Nel caso specifico, l'attenzione del lettore viene attirata da una rete di trame ad incastro in cui i destini dei protagonisti si intrecciano variamente, sviluppando la magistrale lezione di Italo Calvino. Si intersecano le vicende private di Michael Owen - scrittore intorpidito senza particolari qualità, abbandonato dall'ispirazione e tradito dalla vita - con la logica del potere e della sopraffazione attuata da una famiglia corrotta fino in fondo dalla spregiudicata ricerca di interessi lucrativi - gli Winshaw appunto - di cui Michael - non senza un motivo come si scoprirà nelle ultime pagine - è stato incaricato di narrare le gesta da Tabitha, reclusa per tutta la vita in un manicomio per essersi opposta al (pre)potere del fratello Lawrence. In realtà, al lettore attento la patologia mentale della zia matta apparirà - fino all'ultima clamorosa pagina - soltanto un pretesto strategico di eliminazione di un parente scomodo. Nel corso della Seconda Guerra Mondiale, Lawrence ha venduto ai tedeschi il fratello, il buon Godfrey, impegnato nell'aviazione. La famiglia Winshaw ha raggiunto l'apice del successo nel corso degli anni folli dei governi di Margaret Thatcher. Liberismo estremo fino al delirio della discriminazione sociale. Un nipote di Lawrence e Tabitha, Henry, il politico di famiglia, è consigliere e sostenitore sfrenato della Lady di Ferro soltanto fino al momento in cui quelle frequentazioni risultano fruttuose. Ciò spiega il suo imbarazzante passato da deputato del Labour Party. Da laburista sosteneva i conservatori. Ciò che conta è l'esclusivo interesse di sfruttare al meglio le circostanze per attivare il motore dell'Avidità, macchina di frantumazione di ogni barlume di moralità. Suo fratello Thomas è un banchiere disposto ad offrire l'anima in pasto al diavolo pur di far rientrare le proprie speculazioni spregiudicate nei margini di una legalità fittizia. Figlia di Lawrence, Dorothy ha trasformato una fattoria di campagna in un campo di concentramento volto alla produzione industriale di prodotti alimentari contagiati da tossine di morte. Scatolame da supermarket dell'intossicazione Figlio di Godfrey, Mark è un criminale che trae smisurati profitti dagli affari che combina con Saddam Hussein ai tempi della Guerra del Golfo. A lui si oppone, l'intrepido Graham . . . Mortimer è fratello di Lawrence e Tabitha. Assente per quasi tutta la narrazione, si rivelerà - nelle pagine finali dell'opera, sperimentazione autentica di un thriller- il protagonista assoluto del romanzo, l'autore del riscatto dettato dall'odio e della vergogna. Mortimer agisce, riscattando alfine i soprusi attuati dai suoi stessi figli. Roddy è un mercante d'arte che non fa altro che ingannare giovani artiste, portandole a letto in cambio della promessa - mai mantenuta - di allestire mostre o esposizioni; a lui si oppone - per certi versi - Phoebe. Dopo aver fatto fallire un'importante società presso la quale ha svolto mansioni manageriali, Hilary si è inventata opinionista per una testata molto popolare; la sua rubrica orienta fino alla manipolazione l'opinione pubblica, in relazione agli interessi esclusivi di famiglia.
Carattere di incontro fra Michael e i Winshaw, il vecchio detective Fidley - anch'egli assoldato da Tabitha, la cui caratterizzazione offre a Coe lo spunto per denunciare la persecuzione liberale dei gay attuata fino a qualche anno fa nella civile England. Fidley consuma la sua esistenza a fasi alterne in prigione, per pagare la ricerca di piaceri effimeri nei servizi pubblici.

Per interesse, gli interessi dei Winshaw sono intrecciati. Le loro fortune derivano da continue agevolazioni reciproche. Nulla avviene a caso. Nulla si concede in cambio di niente. Le anime si prostituiscono nel bordello della Londra thatcheriana. Ricca di invenzioni, profili, raffigurazioni estremamente realistiche e di note mai scontate di intrattenimento, l'opera è grandiosa e monumentale, a tratti irripetibile. Diario corale di un delirio statale di (pre)potenza oligarchica.

La famiglia Winshaw è un romanzo che ogni lettore dovrebbe leggere, non solo per sviluppare una comprensione di sistema dell'Inghilterra degli anni '80, ma anche per chiarire alcuni fenomeni sociologici che sono stati disseminati nella provincia italiana dal cancro berlusconiano.

Ogni lettore italiano può raffigurarsi almeno un'esemplificazione nostrana di famiglia Winshaw. L'invito alla lettura vuole essere un invito al riscatto, rinunciando ovviamente ai tratti estremi delle ultime pagine del romanzo - pubblicato in Inghilterra nel 1994 - per sciogliere politicamente questo cappio nazionale.

Jonathan Coe, La famiglia Winshaw, traduzione di Alberto Rollo, Feltrinelli, Milano 2007, pp. 478, Euro 8.50

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