Con la complicità criminale delle autorità egiziane, i copti conducono un'esistenza clandestina, da perseguitati. L'odio religioso è sanguinario, poiché può essere placato soltanto dalla condanna della vittima prestabilita al castigo fisico per i propri presunti peccati mortali. Durante la notte del sette gennaio si è verificata l'ultima violenza ai danni della sofferente comunità dei cristiani d'Egitto. In realtà, i soprusi e gli abusi sono quotidiani, perlopiù rimossi dal sistema dell'informazione giornalistica, che è del tutto incatenato ai dettami del regime di Hosni Mubarak, il padrone assoluto del Paese. Bisogna spendere due parole su Mubarak. Per salvare le apparenze presentandosi ai suoi alleati occidentali sotto una veste migliore, il Presidente ha riconosciuto nel 2002 (dopo 21 anni di regime) il Natale copto come festività nazionale; ad ogni modo, ha lasciato le mani libere ai gruppi islamici combattenti e ha esteso le prerogative politiche dei Fratelli musulmani proprio per legittimare il proprio controllo autoritario del potere. Nella chiesa di San Giovanni di Nag Hammadi, intorno alla mezzanotte tre terroristi hanno sparato sulla folla dei fedeli che avevano appena partecipato alla funzione della Vigilia del Natale. Il bilancio è drammatico: 7 morti e 3 feriti gravi. L'obiettivo dei criminali era il vescovo Kirollos, che ha presieduto le funzioni cerimoniali. Copto deriva dall'arabo qubt, conversione linguistica del termine greco aiguptos ("egiziano"); è un termine molto antico che inizialmente designava appunto il popolo egiziano prima della diffusione dell'Islam nel Medio Oriente e che successivamente ha denotato quegli egiziani che coraggiosamente riuscirono a conservare il loro culto cristiano, sfuggendo all'estorsione della conversione. La storia della Chiesa copta è molto suggestiva e affonda le proprie radici nelle predicazioni nel deserto dell'evangelista Marco. E' una storia molto complessa, che presuppone riferimenti eruditi per spiegare le specificità di un culto che prefigura un cristianesimo semplice ed austero. Non me la sento di fare riferimento alle decretazioni del Concilio ecumenico di Nicea (481) e alle ragioni per cui gli egiziani accolsero la dottrina monofisista. Preferisco richiamare un'esperienza personale, relativa al viaggio al Cairo dell'agosto 2007. Poco prima di partire, andai a leggere tutti i suggerimenti indicati dal sito Internet della Farnesina per affrontare serenamente un'immersione negli infiniti vicoli dell'infinita capitale egiziana. Non si trattava di uno scrupolo eccessivo, quanto piuttosto di una giusta precauzione, motivata dal fatto che il viaggio era fai da te, indipendente dalle direttrici di un'agenzia turistica. Sul sito era scritto chiaramente che il turista doveva tenersi alla larga dalle chiese cristiane, proprio perché sono spesso bersaglio di rappresaglie terroristiche. Ricordo un sabato pomeriggio interminabile. Sprofondo sul divano dell'appartamento centrale che abbiamo preso in affitto. Non ne posso più di leggere saggi ed ascoltare Battiato. Lo facevo ininterrottamente dal tardo mattino. Saremmo usciti soltanto durante la note, quando la città vive popolandosi di anime vocianti come un formicaio che sia appena stato scoperto da un bambino curioso. Vincendo le resistenze opposte dai miei compagni di viaggio, esco, pronto ad affrontare la calura folle del pomeriggio. Non so dove andare. Il buon senso mi consiglia di non allontanarmi. Decido di svoltare dalla via centrale, costeggiata dalla muraglia che cinge il parco in cui si trova la dimora privata del Presidente. Lascio alle mie spalle un viale ordinato e pulito (illuminato a giorno durante le ore della notte islamica) per scoprire un nuovo mondo. Pantani in cui si immergono bambini nudi, galline svolazzanti, tanfi nauseanti. Scorgo con la coda dell'occhio una chiesetta copta. E' protetta da un elevato muro difensivo e da monaci dotati di mitra all'ingresso del cancello. Chiedo in inglese il permesso di entrare. Mi scrutano penetrandomi negli occhi. Mostro timidamente la carta d'identità. Bisbigliano qualcosa in arabo e mi lasciano passare. Quando entro in chiesa è ancora in corso la messa pomeridiana. Incensi, canti melodiosi, partecipazioni delle mani al ritmo delle canzoni. Imito i fedeli. Anch'io sollevo le mani verso la volta per poi portarle al cuore. Il sacerdote mi fissa e mi lancia un segnale di saluto. Ricambio con il luccichio degli occhi. Conosce da sempre le sue pecorelle e un corpo estraneo non può proprio sfuggirgli. Esco fuori respirando a fatica. Dopo aver letto la notizia dell'Epifania, ho ripensato alla follia di un pomeriggio consacrato soltanto alla valorizzazione della mia indomabile curiosità intellettuale. Per uno sguardo antropologico si può rischiare di finire in un guaio. This is the question.
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